domenica 23 dicembre 2012

Un'altra generazione


Nel periodo natalizio si intensifica il profluvio di ristampe e cofanetti deluxe, superdeluxe e ipermegastragalatticodeluxe, il cui valore, nove volte su dieci, si limita se va bene al packaging e se va male a semplice paccottiglia indifferenziata. Si celano però anche delle belle ghiottonerie. È il caso di questo ‘Live at Hull’ dei Who rimasto per anni come un  mitico reperto perduto e vagheggiato da ogni fan. Il sottoscritto in primis.
I dischi in studio dei Who non sono certo alla pari dei grandi coevi album di Beatles e Rolling Stones, spesso tronfi e pretenziosi ma i loro anthem non temono confronti e sfido chiunque a rimanere impassibile in una qualunque esecuzione di ‘My generation’, al termine della quale i nostri procedevano a distruggere tutta la loro strumentazione (si racconta che per anni tutti i loro magri guadagni siano serviti a ripianare i debiti fatti per ricomprare ogni volta chitarre e amplificatori).
 Perché era così importante questo concerto? Presto detto: nel 1970 i Who decisero di registrare un live e pianificarono due concerti nel Nord operaio e proletario dell’Inghilterra, uno di riscaldamento a Leeds e uno ad Hull il giorno seguente che sarebbe, nelle intenzioni, finito sul disco. Ma il nastro del secondo concerto non si rivelò valido per un problema tecnico e sul disco ci finì quello del giorno prima e diventò appunto quel ‘Live at Leeds’ unanimamente considerato uno dei più grandi live di tutti i tempi (e per chi scrive finirebbe senza problemi su un ideale podio con il ‘Made in Japan’ dei Deep Purple e il ‘Live Dead’ dei Grateful Dead). Ovvio che la curiosità di mettere le orecchie in quel concerto di Hull che a detta di Pete Townsend e soci era addirittura superiore era tanta.
Le moderne tecnologie digitali sono state in grado di restaurare il concerto di Hull restituendocelo in due dischi dove nel primo trionfano i classici del gruppo e nel secondo viene proposto integralmente una Tommy che, spurgata da tanti fronzoli e barocchismi inutili, ne guadagna in pathos e potenza.
A questo punto la domanda delle cento pistole: ma è veramente più bello del famoso gemello?
Ai lettori del post l’ardua sentenza. Io personalmente dico di no ma solo perché manca il fascino della prima volta ma ne consiglio a tutti l’ascolto e la  possibilità di fare un bellissimo salto indietro nel tempo.




sabato 24 novembre 2012

Crimini e dissonanze

Uscito nel 2005 per l'etichetta Ipecac di quel geniaccio di Mike Patton (Faith No More, Fantomas, Mr. Bungle, Tomahawk, Mondo Cane etc. etc.) e corredato dalle note del libretto di un certo John Zorn, 'Crime and dissonance' è un doppio CD che raccoglie musiche composte per vari film degli anni '70 dal grande Ennio Morricone.
Non le strafamose musiche che hanno accompagnato la cosiddetta "trilogia del dollaro" di Sergio Leone con cui il regista romano è stato capace di rivitalizzare e reinventare quel filone western nato insieme al cinematografo, e in cui la forza delle immagini, delle lunghe sequenze di intensi primi piani, dei volti scavati in cui riusciresti a penetrare l'anima dei suoi personaggi sarebbe enormemente minori senza le musiche del grande compositore. A inizio settanta, Morricone, impegnato anche nelle sperimentazioni del Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, cerca di battere altre strade affrancandosi dal filone dello spaghetti western e sperimenta continuamente nuovi linguaggi sonori. Quasi solo in virtù di tale presenza ci ricorderemmo di film come 'Una lucertola con la pelle di donna' di Lucio Fulci, 'L’Anticristo' di Alberto De Martino, 'Giornata nera per l’ariete' di Luigi Bazzoni, 'Gli occhi freddi della paura' di Enzo Castellari o dei tanti altri contenuti nell'antologia curata da Patton.

Giorno di notte (da 'Una lucertola con la pelle di donna' di Lucio Fulci, 1971)



Trafelato (da 'Giornata nera per l’ariete' di Luigi Bazzoni, 1971)



Sequenza 10 (da 'Sesso in confessionale', di Vittorio De Sissti, 1974)



Il buio (da 'L'Anticristo' di Alberto De Martino, 1974)




venerdì 23 novembre 2012

Il gruppo selvaggio

Ribattezzatosi per l'occasione The Group, il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza registra nel 1970 questo disco sospeso tra jazz, avanguardia e psichedelia. Ennio Morricone si traveste da Miles Davis e con la sua tromba sottolinea i fraseggi di Franco Evangelisti, Mario Bertoncini, Walter Branchi, Bruno Battisti D'Amario, Egisto Macchi, Renzo Restuccia e John Heineman. L'intellighenzia della musica sperimentale ed avanguardia italiana in uno scenario di jungla forato dagli stridii degli uccelli meccanici in copertina.


The feed-back



Quasar



Kumalo


giovedì 22 novembre 2012

“Sento di piangere, lo scherzo è andato troppo in là, puoi essere qualsiasi cosa tu voglia, sei ogni colore…”.

Rain Tree Crow

mercoledì 21 novembre 2012

Il fuoco indimenticabile


Ritornano l’autunno e le piogge e puntualmente ritorna a girare nel mio lettore ‘The unforgettable fire’ degli U2, anno 1984, vero spartiacque tra gli esordi post-punk della band irlandese e ciò che verrà dopo fino al berlinese ‘Achtung Baby’ e la riscoperta di quella teatralità esasperata tipica del Lipton Village in cui erano cresciuti pur senza attingervi a pieno.
Infatti fino a quel momento gli U2 non si erano distaccati dal sound dei tanti gruppi del periodo e neppure dall’estetica: perciò se volete ascoltare qualcosa di veramente originale andate alla voce Virgin Prunes, autentici mentori dei nostri, il chitarrista Dik Evans è il fratello maggiore di David al secolo The Edge, i cantanti Gavin Friday, colui che appioppò il nomignolo Bono Vox a Paul Hewson, e Guggi il cui fratellino Peter è il ragazzino che campeggia sulle copertine di ‘Boy‘ e ‘War’.
Il solco della darkwave dei Joy Division non fu seguito solo per l’abbandono come produttore di Martin Hannett, annichilito dalla morte di Ian Curtis. Era il maggio del 1980 e, negli stessi studi di registrazione, gomito a gomito gli U2 registravano ’11 o’clock tick tock’ e ‘Touch’, i Joy Division ‘Love tear us apart’. Toccò quindi a Steve Lillywhite, dopo la defezione di Hannett, produrre il trittico ‘Boy’, ‘October’ e ‘War’.
Fu a questo punto e dopo il live ‘Under a blood red sky’ e il quasi video gemello del concerto alle Red Rocks che entrò in scena il demiurgo Brian Eno. Inizialmente Eno è riluttante a produrre gli U2, poi accetta e porta con sé l’allora sconosciuto musicista e tecnico del suono franco-canadese Daniel Lanois.
Il disco viene registrato non in un asettico studio ma nella meravigliosa cornice dello Slane Castle (sulla splendida copertina del disco, realizzata da Anton Corbjin, campeggiano invece le rovine del Moydrum Castle): The Edge è libero di dare sfogo a ogni sperimentazione e effetti chitarristici, la musica diventa volutamente sfocata guadagnando in mistero ed evocatività. Tolte l’hit da stadio ‘Pride (in the name of love)’ e legata ancora ai vecchi schemi dei primi dischi tutto il resto del disco respira di questo nuovo afflato poetico dall’introduttiva ‘A sort of homecoming’ (da un verso del poeta Paul Celan, “la poesia è una sorta di ritorno a casa’”) fino alla conclusiva ‘MLK‘ (seconda dedica del disco al reverendo Martin Luther King).



lunedì 19 novembre 2012

I luoghi del potere

Formazione a mezza via tra il progressive dei settanta e la new wave dei primi anni ottanta, i bresciani Art Fleury comincaino la carriera aprendo il concerto degli Area al parco Lambro di Milano quando ancora si chiamano AMG (dalle iniziali dei tre membri fondatori) e facendo da spalla agli Henry Cow durante i loro concerti italiani. Dopo un 45 giri d'assaggio intitolato 'L'overdose' nel 1980 esordiscono sulla lunga distanza con  'I luoghi del potere' disco strumentale vicino al Rock In Opposition del gruppo di Frith e soci. Poi allargano la formazione e si avvicinano a sonorità molto più new wave ma ancora originali e dagli spunti interessanti come la scanzonata e sbarazzina 'U.K. is dead'. Da riscoprire. 

Uno spettro si aggira per / Le brigate Nans Eisler



La morte al lavoro



U.K. is dead



Lilith


 
Gabbie


martedì 30 ottobre 2012

Lascia spazio alla luce


Si intitola: Leyfou Ljosinu – letteralmente “Lascia spazio alla luce” – l’ultimo disco della violoncellista islandese Hildur Guðnadóttir e l’ultimo, in ordine di tempo, a far breccia in questo durissimo cuore dalle orecchie sempre più dispotiche.
Siamo in territori molto più lontani ed artici rispetto alle sue più famose connazionali come Bjork o Emiliana Torrini (chi se la ricorda la figlia del pizzaiuolo autrice della delicata “Sunny road?).
Uscito per l’etichetta Touch, la stessa del genio austriaco Christian Fennesz, la registrazione è frutto di una performance di quaranta minuti tenutasi al Centro di Ricerca Musicale dell’Università di New York in cui voce e violoncello vengono manipolati elettronicamente in un continuo sovrapporsi di onde sonore, quelle stesse frange di interferenza fotografate in copertina, creando un paesaggio di aurore boreali e vulcani appena sopiti, di geyser che sembrano rimandare continuamente il momento in cui libereranno i loro impetuosi sbuffi di vapore.
Lascia spazio alla luce: un lungo viaggio verso quei i cancelli dell’alba che un ben altro pifferaio aprì molti anni fa. Il mio disco preferito di questo 2012 che s’appresta a chiudere i battenti.


domenica 28 ottobre 2012

Il Blitz del Duca

"la gente se ne stava sotto la pioggia di Soho in galloni dorati e copricapo a tamburello, in attesa di entrare. Cosacchi e regine si mescolavano allegramente e il narcisismo era alle stelle. Erano tutti quanti vestiti come sovrani, mentre in realtà si trattava di ex punk che si inventavano i vestiti sulle macchine da cucire della mamma, nelle loro casette di periferia, o nelle case occupate della vicina Warren Street" (Steve Strange, buttafuori del Blitz e cantante dei Visage)

Nate per vivacizzare il mortorio del giovedì sera le 'Bowie night' vivacizzarono le autunnali serate londinesi del '78 già stanche del punk. Inaugurate nel piccolo club Billy's si trasferirono nel febbraio del '79 al più capiente Blitz di Covent Garden. Il Blitz era di fronte alla sede dei Freemassons ed era circondato da sartorie che vendevano abiti da cerimonia massoniche. L'interno era decorato da grandi murali che ricordavano i bombardamenti tedeschi su Londra della seconda guerra mondiale. 
Qui si riunivano tutti i punk che abbandonate le creste riscoprivano il look del glam tra berretti, divise, fusciacche e trucco a volontà. Il repertorio musicale andava dal cabaret tedesco degli anni trenta di Marlene Dietrich all'elettronica dei Kraftwerk passando ovviamente per quella di David Bowie. Il Blitz divenne ben presto popolarissimo e troppo pieno per contenere tutti: anche Mick Jagger dei Rolling Stone conobbe l'altolà del dispotico Steve Strange. Non gradì l'affronto e se ne andò offeso altrove.

Tra  gli avventori fissi membri di tanti gruppi più o meno famosi e più o meno degni di essere ricordati: una sera arrivò portando lo scompiglio generale David Bowie in persona. A fine serata Bowie chiese a Steve Strange di comparire con altri clienti del club nel video che avrebbe girato l'indomani: sono loro quelli che seguono Bowie e a loro volta sono seguiti da una scavatrice nel video di 'Ashes to ashes'.

Colto da tanta popolarità lo stesso Strange con il compare Rusty Egan e il tastierista Billy Currie (poi Ultravox!) entrarono in studio di registrazione e realizzarono con l'estemporaneo moniker di Visage il singolo 'Fade to grey' subito balzato al secondo posto delle charts britanniche e al primo in nove paesi stranieri!

David Bowie: Ashes to ashes


Visage: Fade to grey

"Non molto tempo fa sono stato a Berlino, e attraverso il Muro ho dato uno sguardo a Berlino Est [...]; tutto mi appariva cupo e grigio, strano, minaccioso. Subito dopo ho visto un uomo anziano camminare stanco con un bastone. Sì, stanco e deluso dalla vita. È stato in quel momento che l'idea di Fade to Grey aveva preso forma: entrare nella vecchiaia, nell'oscurità, sprofondare nel niente. È questo ciò di cui parla la canzone" (Steve Strange)



Ultravox!: Hiroshima mon amour



sabato 27 ottobre 2012

Vietato prendersi sul serio

Ogni tanto devo riascoltare il primo disco dei Wolfango, un disco che non pretende niente nel suo ostentato e voluto analfabetismo musicale: autentico grado zero, vero sberleffo punk ad ogni pretesa di catalogoziane e/o classificazione e/o giudizio. Il disco uscito nel 1996 per l'etichetta dei C.S.I. è una sequenza di canzoni in cui gli unici strumenti sono un basso distortissimo e mezza batteria suonata nell'occasione da Bruno Dorella (protagonista anche con gli ottimi Ronin, OvO, Bachi da Pietra). Le voci del bassista Marco e della moglie Sofia più il figlioletto rompiscatole che all'epoca imperversava sul palco a rendere ancora più divertente ed esasperante il tutto. Scorie assortite di Nirvana e CCCP su testi demenziali non è dato sapere se di proposito oppure no.

Ozio



Batman e Robin



Interstellar



T.P.


domenica 14 ottobre 2012

Le cose che piacciono a me

"Raindrops on roses and whiskers on kittens / Bright copper kettles and warm woolen mittens / Brown paper packages tied up with strings / These are a few of my favorite things"

Tra il miele di Julie Andrews e il fiele di Lars von Trier (e il suo rapporto di odio e amore per Bjork), le decine di versioni di John Coltrane che allungò, deviò, scavò, dilatò in lungo e in largo la canzone composta per il musical di 'The sound of music' portato poi sul grande schermo nel 1965. 

"Cream colored ponies and crisp apple strudels / Doorbells and sleigh bells and schnitzel with noodles / Wild geese that fly with the moon on their wings / These are a few of my favorite things!"

Julie Andrews (da 'The sound of music' di Robert Wise, 1965)



"Girls in white dresses with blue satin sashes / Snowflakes that stay on my nose and eye lashes / Silver white winters that melt into spring / These are a few of my favorite things!"

Bjork (da 'Dancer in the dark' di Lars von Trier, 2000)




"When the dog bites, when the bee stings / When I'm feeling sad, / I simply remember / my favorite things / and then I don't feel so bad!"


John Coltrane (con Eric Dolphy, 1963)

sabato 29 settembre 2012

L'amata mela

"Portatemi gli affamati, gli stanchi, i poveri e gli piscerò addosso. Questo è ciò che la Statua dell'Intolleranza dice. Le vostre masse di poveri accalcati picchiamole a sangue, facciamola finita e buttiamoli nel boulevard"
Questo disco è per il rock quello che Manhattan di Woody Allen è per il cinema. La sentita dichiarazione d'amore per la Grande Mela da parte di Lou Reed: amore per le sue storie da marciapiede, per le strade sporche e malfamate, i criminali per indole e i delinquenti per necessità. Dove anche la storia degli amanti shakesperiani si trasfigura in un regolamento di conti tra ispanici.

Romeo had Juliette



 The great American whale




Dime store mystery



Dirty boulevard



Busload of faith


venerdì 28 settembre 2012

Fine dei giochi

Di 'verde' nella vita di Peter Green, chitarrista, c'è il periodo con i Bluesbreakers di John Mayall e quello con i Fleetwood Mac. Dopo il lungo tunnel dell' LSD e i conseguenti problemi psichici che lo porteranno alla schizofrenia spazzandolo via dalle scene musicali (anche se nel frattempo circoleranno le leggende più disparate che narreranno di crisi mistiche, fughe in Israele, improbabili occupazioni per sbarcare il lunario tra cui quelli come barista, infermiere e becchino!). Ritornerà a imbracciare la chitarra negli anni ottanta spesso come sessionman talvolta come solista ma senza mai assolutamente graffiare.

Continua invece a mostrare le unghie e le zanne, come il felino in copertina l'ultima incisione prima del ritiro dalle scene: inciso in una sola notte, "The end of the game" rimane una scheggia accecantedi blues strumentale sospeso tra jazz e psichedelia dove la sua chitarra rivaleggia con il piano di Zoot Money (già con Centipede e Animals) e il basso di Alex Dmochowski (dalle Mothers di Frank Zappa).

Bottoms up


Timeless time  



Descending scale 



 Burnt foot 



Hidden depth  



The end of the game 


giovedì 27 settembre 2012

Random walk

Due persone escono da un’osteria così ubriachi da non ricordare più in quale direzione incamminarsi per raggiungere la propria casa: decidono così di affidarsi alla sorte usando una monetina. Ad ogni lancio della monetina si sposteranno di un passo verso destra nel caso l’esito del lancio sia testa e di un passo verso sinistra nel caso sia croce. Cosa ti aspetti si verifichi dopo un certo numero di lanci? Pensi che le due persone saranno distanti dall’osteria? E tra loro?


I percorsi casuali dei due saranno solo statisticamente vincolati al punto di partenza. Le eventuali fluttuazioni sono destinate ad aumentare al crescere dei passi seppur secondo la radice quadrata del tempo. I matematici la chiamano "random walk", passeggiata casuale: i granelli di polvere seguono un andamento simile. E come pulviscolo atmosferico, caliginosi ed eterei si rincorrono le note del trio australiano The Necks sospesi in lunghe jam tra jazz e minimalismo.

Rum jungle (da Mindset, 2011)


Drive by (2003)


Aether (2001)

Hanging gardens (1999)


domenica 23 settembre 2012

La giostra dei folli

Dopo un'attesa ventennale sono riuscito finalmente a sentire 'Towards the lighted town' dei milanesi 'Carnival of fools' gruppo che nel solco di un blues malato di chiara derivazione caveana. Il disco in questione è l'ultimo pubblicato dalla band prima di sciogliersi nel 1993 e dalle cui ceneri nasceranno i più fortunati La Crus e i meno fortunati Santa Sangre (oltre a fornire elementi a Massimo Volume e Afterhours. La loro storia era cominciata nel 1988 e la loro discografia comprende un EP, 'Blues off get my shoulders' (1989) e un altro album 'Religious folk' (1992). Nel mezzo una strepitosa rilettura di 'Love will tear us apart' dei Joy Division apparsa su una compilation di tributo edita dalla etichetta milanese Vox Pop. Un gruppo seminale della scena nostrana che vale la pena riscoprire.

Not the same


Blah Blah Blues



Just another great dream



Love will tear us apart




giovedì 20 settembre 2012

Luce sulla Neon

La Neon Records nacque come costola della RCA con grandi speranze e progetti ambiziosi come il supergruppo Centipede di Keith Tippett. Ebbe purtoppo vita brevissima e nel buco finanziario dell'etichetta inglese finirono per cadere miseramente ottimi gruppi sospesi tra progressive e jazz-rock come Spring, Tonton Macoute, Indian Summer, Running Man, Raw Material. Per quasi tutti loro non ci fu altra occasione di pubblicare altro materiale. Come diceva il vecchio adagio: sic transit gloria mundi.

Tonton Macoute: Don't make me cry (da 'Tonton Macoute', 1971)


Indian Summer: God is the dog (da 'Indian Summer', 1971)



Raw Material:Time and illusion (da 'Raw Material', 1970)


Spring: 'Spring' (1971)



The Running Man: Find yourself + Running man (da 'The Running Man', 1972)


mercoledì 19 settembre 2012

"la precarietà è un cuneo nelle ossa"

"Quanto dura il mio minuto se devo fare settantacinque secondi in sessanta?"

La 'Rapsodia meccanica' del calabrese Francescio Currà, operaio dell'Ansaldo di Genova, vede la luce nel dicembre del '76 ovvero orima ancora che i Throbbing Gristle diffondessero il verbo della musica industriale (che in realtà era già stata inventata dai futuristi, dagli intonarumori di Luigi Russolo fino alla 'Sinfonia delle sirene', una composizione per masse di lavoratori, cannoni, idroplani e tutte le sirene delle fabbriche della città di Baku che il russo Arseny Avraamov mise in scena 7 novembre del '22).
Nei roventi anni di piombo Currà mette in scena tutta l'alienazione del lavoro in fabbrica e i suoi ritmi omicidi declamando i suoi testi su un sottofondo di rumori tirati fuori direttamente dai suoi macchinari durante le ore di lavoro.

Luigi Russolo: Serenata per intonarumori e strumenti (1924)


Arseny Avraamov: Sinfonia delle sirene (1922)


Francesco Currà: La massa della miseria (1976)


Francesco Currà: Non mi parlare di rivoluzione (1976)



martedì 18 settembre 2012

Dialogo della Natura e degli islandesi

Si chiama 'Heima', 'A casa', il film documentario uscito nel 2006 degli islandesi Sigur Ros: silenzi ed esplosioni da un'isola di ghiacci e vulcani. Ne sono passati di anni da quando li ho visti suonare all'anfiteatro Pecci di Prato (era il 2003 e avevano appena bissato il successo di Agaetis Byrjun con ( ) album senza titolo né titoli di canzoni e neppure testi visti che al patrio islandese avevano sostituito un puro vocalese) in un continuo gironzolare scalzi per il palco e scambiarsi gli strumenti: nonostante qualche disco meno a fuoco e qualche tentazione pop ma rimangono sempre capaci di evocare la loro terra lontana e misteriosa.

Olsen Olsen



Untitled 8


Vaka


Hoppipolla



domenica 16 settembre 2012

La libertà è difficile e fa soffire

Roberto Roversi è scomparso a 89 anni: il solo enumerare ciò che è stato, partigiano, libraio, antiquario, poeta, giornalista, autore di canzoni descrive un ampio cerchio degno di essere esplorato.
A metà anni settanta il sodalizio con Lucio Dalla fruttò la fortunata trilogia 'Il giorno aveva cinque teste', 'Anidride solforosa', 'Automobili'. L'ultimo disco, nato da uno spettacolo filmato per la RAI, ebbe una gestazione travagliata con pressioni da parte della casa discografica di includere due pezzi che spingeranno Roversi a sostituire la propria firma sui brani con lo pseudonimo di Norisso.

Di Lucio diceva: ”Un uomo colto, ma in libreria non avevo un giradischi, così per parlare delle nostre cose musicate mi veniva spesso a prendere in macchina e giravamo sui colli ascoltandole con l’autoradio. Diceva che avrebbe musicato anche l’elenco del telefono, se lo avessi scritto io. Poi giustamente s’accorse che le cose che scriveva da solo vendevano cento volte di più delle nostre”.

Il giorno aveva cinque teste (1973)



Anidride solforosa (1975)



Automobili (1976)




sabato 15 settembre 2012

Niente canzoni d'amore

"L’amore viene fuori molto spesso come argomento per una canzone, perché molti gruppi realizzano canzoni perlopiù sull’innamoramento, oppure su come sono felici quando sono innamorati, e ci si chiede occasionalmente perché queste band ne parlano tutto il tempo."

(Andy Gill, da Love like anthrax)
Alle canzoni d'amore i Gang of Four, dall'operaia Leeds, preferivano canzoni politiche e impgnate (d'altronde la stessa ragione sociale del gruppo era mutuata dalla rivoluzione culturale maoista): alla furia del punk aggiungevano ritmiche funky e dub. Dopo un paio di singoli d'assaggio nel 1980 sfornarono il capolavoro 'Entertainmant!' un concentrato pazzesco di sudore ed energia.

Love like anthrax

"I feel like a beetle on it's back / And there's no way for me to get up / Love'll get you like a case of anthrax / And that's something I don't want to catch"




Ether



Natural's not in it



giovedì 13 settembre 2012

Sinfonia ferroviaria

"Ho sempre amato le locomotive con passione; per me sono esseri viventi, e le amo come altri possono amare le donne o i cavalli. Nel "Pacific" quello che ho cercato di fare non è l'imitazione dei rumori della locomotiva ma la traduzione d'un'impressione visiva e di un godimento fisico in una costruzione musicale. La composizione parte da una contemplazione oggettiva: il respiro tranquillo della macchina in riposo, lo sforzo dell'avviamento, e poi il progressivo aumento della velocità finché si arriva allo stadio lirico o patetico di un treno di trecento tonnellate lanciato in piena notte a 120 all'ora. Ho scelto a oggetto della composizione la locomotiva di tipo "Pacific n. 231" per i convogli pesanti dalle grandi velocità".

'Pacific 231' è la composizione più nota del compositore svizzero Arthur Honegger stretta parente della musica futurista italiana e russa e antesignana della musica industriale. Oltre che comporre per orchestra negli anni trenta Honegger comporrà anche musiche per Onde Martenot (la tastiera parente del theremin) in particolare per il mediometraggio animato di Bertolt Bartosch 'L'idée', in pratica un documentario politico di matrice socialista.

Pacific 231 (1923)


L'idée (1931)


mercoledì 12 settembre 2012

Milioni di dollari in nichelini

Il film Cotton Club di Francis Ford Coppola ripercorre gli anni d'oro dell'omonimo club di Harlem dove furono di casa oltre a gangster e contrabbandieri prima Duke Ellington e poi l'istrionico Cab Calloway. A quel periodo, è il 1931, risale il maggior successo di Calloway 'Minnie the moocher' subito sfruttata anche dall'industria dei cartoon con l'omonimo episodio di Betty Boop e riamplificato dal cameo nel film 'The Blues Brothers'

Max Fleischer: Minnie the moocher (1932)



John Landis: The Blues Brothers (1980)

 


Francis Ford Coppola: Cotton Club (1984, trailer)


lunedì 10 settembre 2012

Puntaspilli

La tecnica inventata dal russo Alexeieff consisteva nello 'schermo di spilli', un pannello trafitto da migliaia di spilli con profondità diverse che creava un effetto simile alle acqueforti. Il 'fachiro' Alexeieff variando intensità e direzione dei fasci di luce radente sul pannello un modo inedito di fare animazione. Strepitose le sue rielaborazioni dei capolavori di Mussorgski che in pratica aprono e chiudono la sua filmografia inframmezzata da altri piccoli capolavori come 'Il naso' di Gogol o i primi minuti della versione cinematografica de 'Il processo' di Kafka.

Una notte sul Monte Calvo (1933)



Il processo (1962)


 
Il naso (1963)



Quadri di un'esposizione (1972)


domenica 9 settembre 2012

La concretezza della pellicola

"Il mio è un film astratto a colori con ottimo accompagnamento in chiave jazzistica di chitarra e contrabbasso e di nessuno di questi due strumenti ha mai sentito parlare quel demente di Hitler" (Len Lye a proposito di 'Swinging the Lambeth walk')

Il neozelandese Len Lye è, con Norman McLaren, il padre del "film concreto": animazioni spesso accompagnate da ritmi swinganti realizzate senza cineprese dipingendo direttamente la pellicola di celluloide. Un lavoro certosino e artigianale in cui si prodigherà per tutta la vita dal primo 'Tusalava' (termine samoano che indica la ciclicità delle cose) del 1929 fino al postumo 'Tal Farlow' del 1980.

Tusalava (1929)



A colour box (1935)




Kaleidoscope (1935)



Swinging the Lambeth walk (1939)



Tal Farlow (1980)


sabato 8 settembre 2012

Cartoni suonati

"Un guaio dei cartoni oggi è che hanno così tanto dialogo che la musica non significa molto"

Carl Stalling accompagnava al piano i film muti quando fu notato durante uno spettacolo a Kansas City da Walt Disney. Da quell'incontro la proposta di sonorizzare i suoi cartoons.
La prima perla del compositore fu nel 1929 'The skeleton dance' splendido cortometraggio della serie delle Silly Symphonies. Nel 1936 passò ai rivali della Warner Bros. per i quali musicò per oltre un ventennio i Looney Tunes.
Difficile se non impossibile immaginare tutti quei cartoons senza la folle centrifuga musicale di Stalling e la sua orchestra capace di saltare repentinamente da un genere all'altro inserendo ogni tipo possibile di rumore.

The skeleton dance (1929)



Flip the frog (1930)


Jungle jitters (1938)


Marching pink elephants (1940)


venerdì 7 settembre 2012

L'uomo nell'armadio

Quando alla sua morte aprirono finalmente quella sua stanza tenuta sempre chiusa a chiave di quel piccolo appartamento di due camere chiamato scherzosamente 'l'armadio' trovarono solo un gran numero di ombrelli. Fu l'ultima stravaganza del grande musicista di Honfleur Erik Satie. Era il 1925. 
Soltanto l'anno prima aveva partecipato al film dadaista di Renè Clair 'L'entracte' dove in compagnia di Francis Picabia carica un cannone contro Parigi mentre Marcel Duchamp e Man Ray giocano a scacchi. Il senso di tutto ciò? Liberare i sensi.

Erik Satie: Gymnopedies (1888)


René Clair: Entr'acte (1924)



giovedì 6 settembre 2012

Musica per sommergibili

"Non è difficile diventare una grande ammaliatrice: basta restare immobile e recitare la parte dell'oca"

Diede scandalo Hedy Kiesler quando nel '33, alla seconda edizione della mostra del cinema di Venezia, comparve in uno dei primi nudi integrali della storia del cinema. A poco valsero i seguenti tentativi dell'allora marito Fritz Mandl di comprare e togliere dal mercato tutte le copie di quel film, 'Estasi', del regista cecoslovacco Gustav Machaty che così tanto scalpore aveva sollevato.

Scandalo lo aveva dato anche George Antheil, compositore americano di stanza in Europa, autodefinitosi 'il ragazzo cattivo della musica' per le sue opere avanguardistiche: suo il commento sonoro dello sperimentale 'Balletto meccanico' del pittore cubista Fernand Léger.

Nel '37 Hedy fugge dal geloso marito e dal nazismo verso Hollywood dove assunto lo pseudonimo di Hedy Lamarr conquisterà il pubblico statunitense. Nel '41 l'incontro con George Antheil con il quale Hedy, che era stata brillante studentessa e ingegnere mancata, nonché moglie di quel Mandl che lavorava nel campo degli armamenti, mette a punto un brevetto per le comunicazioni tra sommergibili.
Inizialmente bocciato, tale sistema di crittografia sarà adottato dalla marina statunitense durante il blocco di Cuba del '62.

Fernand Léger: Le ballet mécanique (1924)



Hedy Lamarr



Gustav Machaty: Ekstase (1933)




sabato 1 settembre 2012

In fuga dalla Terra

I francesi Magma sono stati autori della folle saga di Kobaia, pianeta colonizzato da un gruppo di uomini in fuga dalla Terra e che fondarono una nuova civiltà in cui vivere in giustizia e armonia. Ogni disco dei Magma costituisce un capitolo della saga dei Kobaiani, la musica è un miscuglio di generi, dal jazz al progressive alla musica classica, dove domina una tensione drammatica creata dal sovrapporsi dei cori e il cui canto è in Kobaiano!
Dopo un esordio più disordinato e caotico nel 1970, i Magma mettono meglio a fuoco il loro suono con 'Magma 2' (noto anche come '1001° centigrades') e soprattutto con 'Mekanik Destruktiw Kommandoh' del 1973.
In questo terzo capitolo il protagonista è Nebehr Gudahtt che da Kobaia giunge sulla Terra a portare, inascoltato, le sue parole di saggezza ai terrestri con lo scopo di salvarli dalla tragica fine a cui sono destinati.

Mekanik Destruktiw Kommandoh (1973)



Riah Sahiltaahk (1971)





giovedì 30 agosto 2012

Rifiuti organici

A metà anni settanta era chiaro che i tessuti musicali, incancreniti andavano verso il disfacimento. Nel terreno di coltura patrio cellule impazzite ripartivano dai bisogni elementari: merda, sangue, sperma. La rivolta del punk in qualche modo passa anche da queste tracce più o meno clandestine.

Juri Camisasca: Un galantuomo (1974)



Faust'O: Benvenuti tra i rifiuti (1978)



Mauro Pelosi: Ho fatto la cacca (1977)


lunedì 27 agosto 2012

Botta e risposta

Neil Young non le ha mai mandate a dire: 'Southern man' e 'Alabama' sono due splendide canzone antirazziste dai testi estremamente diretti. Al grande rocker canadese risposero pochi anni dopo i muscolari Lynyrd Skynyrd con l'ottima e orecchiabilissima 'Sweet home Alabama'. Ma è bene ricordarsi di ciò che rappresenta quest'ultima: la difesa a oltranza di quello che fu uno degli stati più razzisti degli USA.

Crosby, Stills, Nash, Young: Southern man (live, 1970)

"I saw cotton and I saw black / Tall white mansions and little shacks. / Southern man when will you pay them back? / I heard screamin' and bullwhips cracking / How long? How long?"


Neil Young: Alabama (1972)

"Alabama, you've got a weight on the shoulder that's breaking your back, your cadillac has got a wheel in the ditch and a wheel on the track"



Lynyrd Skynyrd: Sweet home Alabama (1974)

"Well I heard mister Young sing about her / Well, I heard old Neil put her down / Well, I hope Neil Young will remember / A Southern man don't need him around anyhow"




sabato 25 agosto 2012

"pisciare sangue"

Quando l'assenza di internet con la sua invadente capillarità non consentiva ancora di ascoltare di tutto e di più, si creavano attese spaventose su gruppi di cui si sentiva parlare e leggeva affidandosi alle iperboli delle recensioni. Con qualche inevitabile fregatura quando poi ti arrivava in mano la cassettina fatidica. 
Di 'Spiderland',  capolavoro degli Slint - da Louisville, Kentucky- mi era rimasta impressa una recensione che si concludeva con l'immagine del disco che continuava a pisciare sangue.
E  forse in fondo il disco è proprio questo: una ferita che non può rimarginarsi.

Spiderland (1991)


venerdì 24 agosto 2012

Stelle e stalle

Difficile non conoscere canzoni come 'Figli delle stelle' di Alan Sorrenti, altrettanto facile non conoscere la sua vita precedente che comprende due ottimi dischi sperimentali come 'Aria' (1972) e 'Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto' (1973) entrambi pubblicati dalla Harvest, la stessa etichetta dei Pink Floyd, e che vedono la presenza di musicisti del calibro di Jean Luc Ponty, violinista presente anche in diversi dischi di Frank Zappa nel primo LP e il flautista David Jackson dei Van der Graaf Generator nel secondo LP.
Poi, dopo un tentativo di cimentarsi con la canzone tradizionale napoletana la via della musica da discoteca con annessa rapida ascesa e rovinosa caduta con un presente di apparizioni assolutamente imbarazzanti su cui è inutile infierire.

Aria



 Serenesse



Ditencello vuje





venerdì 17 agosto 2012

"Chi vede Ouessant vede il suo sangue"

Lessi la prima volta di Yann Tiersen sulle pagine del Maciste, fanzine del Consorzio Produttori Indipendenti. La fama per la colonna sonora di Amelie Poulain, che includerà tracce in parte già edite, sarebbe arrivata solo tre o quattro anni dopo. Il disco di cui si parlava nell'articolo era 'Le phare' composto nell'ultima propaggine del Finisterre, l'isola di Ouessant nota come l'isola del terrore. Recita infatti un detto bretone: "chi vede Ouessant vede il suo sangue".

La musica cinematica e cinematografica di Yann Tiersen ingloba minimalismo colto e folklore delle sue aspre terre.

L'arrivée sur l'ile



Monochrome

"non temere, / ho trovato un nuovo lavoro e vado a lavorare / ogni giorno sulla mia vecchia bicicletta che tanto ti piaceva. / Sto raccogliendo da sotto il letto alcuni libri mai letti / e credo davvero che mai li leggerò. / Manco di concentrazione, / solo una bianca confusione / che mi circonda"



Comptine d'un autre été: l'apres-midi



martedì 19 giugno 2012

Non si fugge da se stessi

La fuga di Adrian Borland finì tragicamente nell'aprile del '99. Gettandosi sotto un treno alla stazione di Wimbledon. Uno sconvolto Mark Burgess, cantante dei Chameleons, decise di continuare il tour che l'amico stava portando avanti e in seguito di riformare la band che registrò l'acustico 'Strip'.

La fuga era iniziata tanti anni prima con quei dischi presto dimenticati dei suoi Sound e quel piccolo capolavoro di Jeopardy aperto dalla splendida (e a posteriori infausta) 'I can't escape myself' e disseminato di tante piccole perle post-punk e new wave.

The Sound: Jeopardy (1980)

lunedì 18 giugno 2012

La musica dei dolmen

Disco primitivo ed ancestrale, 'Dolmen music', registrato nel marzo del 1980 è forse il vertice delle acrobazie vocali di Meredith Monk. Lungo i ventitre minuti, con l'accompagnamento minimo di un violoncello e qualche sparuta percussione, le sei voci protagoniste, tre femminili e tre maschili si sovrappongono, si scontrano, si dividono e si riuniscono liberando le più orrende pulsioni tenute a freno dalla civiltà.

Dolmen music



sabato 16 giugno 2012

La voce del sogno

Arrivò dalla Scozia la voce di Elizabeth Fraser a dare corpo ai sogni. I Cocteau Twins inaugurarono la stagione del dreampop che fece la fortuna della 4Ad Records di Ivo Watts -Russell. Gli anni d'oro sono quelli dall'esordio, il 1982, fino al 1986. Tre LP, 'Garlands', 'Head over heels', 'Treasure', e una copiosa messe di singoli ed EP (raccolte nel 2005 nello splendido cofanetto 'Lullabies to Violaine').
E sarà sempre la voce della Fraser a impreziosire il primo disco dei This Mortal Coil e, in un ideale passaggio di testimone, a impreziosire il trip-hop dei Massive Attack nella splendida Teardrop.

Cocteau Twins: Hitherto



Cocteau Twins: Lorelei



Cocteau Twins: Sugar hiccup



Massive Attack: Teardrop


giovedì 14 giugno 2012

Ritornare primitivi

Nel 1962 la Smithsonian Folkways dà alle stampe 'Primitive music of the world' una raccolta di canti e musica proveniente da tutto il mondo raccolta e selezionata da Henry Cowell.
Passeranno anni prima che il mondo musicale intraprenda quel recupero del primitivo e del tribale già compiuto da quasi un secolo nelle arti figurative. C'è così tanta distanza tra i canti eschimesi degli Inuit e la musica industriale degli Einsturzende Neubauten? O tra i canti indigeni del Borneo e un "Elemental music" di Z'ev?

Agnutnak, Matee: Girl's game



Einsturzende Neubauten: Armenia



Murut music of North Borneo



Z'ev: Elemental music



mercoledì 13 giugno 2012

Il punk va in campagna

I quaranta minuti di 'Fire of love', disco d'esordio dei Gun Club di Jeffrey Lee Pierce, sono una serie di rasoiate in cui tutti i connotati del blues rurale del Delta vengono sfregiati dalla rabbia metropolitana del punk. Il risultato non è però di oltraggiarne il cadavere ma provocarne la reazione, rivitalizzandolo.
Un disco così intenso da svuotare di fatto il gruppo che non si ripeterà agli stessi livelli. Jeffrey Lee Pierce continuerà comunque fino alla morte la sua carriera di perdente maledetto.

martedì 12 giugno 2012

Il triste Tristan

Tristan Garel-Funk (troppo facile scoprire l'anagramma di quel fittizio cognome) è stato il chitarrista di due ottime band del post-punk britannico, i Sad Lovers and Giants e, dopo lo scioglimento dei primi, gli Snake Corps. La fortuna non ha arriso a nessuna delle due band pur avendo dato alle stampe dei gran dischi in particolare 'Epic garden music' e 'Feeding the flame' per gli amanti tristi e 'Flesh on flesh' per gli Snake Corps.

Sad Lovers and Giants: Imagination



Sad Lovers and Giants: Colourless dream



The Snake Corps: Party's over



The Snake Corps: Miracle



lunedì 11 giugno 2012

L'involuzione artistica

I Modern English, da Colchester, sono stati il classico paradigma del post-punk britannico: oscuri e arrabbiati quando erano dei signor nessuno molli e sintetici - maledetto nei secoli sia il synth-pop - dopo aver raggiunto il successo commerciale, dapprima mantenendo un minimo di ritegno poi, con il passaggio dalla 4AD alla Sire Records, sbracando in orecchaibili fetenzie per le charts americane.

Swans on glass



Sexteen days


 
Gathering dust



Spinning me around

domenica 10 giugno 2012

L'industria delle carni

Il primo disco dei Throbbing Gristle è in realtà il secondo. 'The second annual report' è un disco di rumore che definirà un genere, l'industrial. Sempre inserito tra i dischi imprescindibili è praticamente inascoltabile e il suo valore, come quello che (forse) è dietro ad ogni opera di arte contemporanea, sta nel provocare la reazione scandalizzata dell'ascoltatore senza dare alcun piacere o sollievo. Molto meglio gli atti seguenti, "D.o.A. The third and final report", "20 jazz funk greats" e, dopo uno iato di ventisei anni di silenzio "Part two: The endless not" che nel 2007 arriva a turbare il sonno di una scena musicale asfittica.

I Throbbing Gristle si sono avventati sulla materia senza pudori ne ritegno, "Hamburger Lady" potrebbe esserne il paradigma, la veglia notturna a una donna gravemente ustionata in letto d'ospedale mentre accanto un'infermiera consuma silenziosamente il suo pasto piccante di carne e peperoncini non troppo dissimili dalle carni dei propri pazienti.

Hamburger Lady

"By far, worst is the hamburger lady / We must heal them for the qualified technicians, / Worse / Alternating nights, unrelievedly / She's lying there."



Weeping



E-coli


Rabbit snare


venerdì 8 giugno 2012

Senza una terapia

La tesi del dottor Huber era che le malattie psichiche erano pura invenzione della società borghese: bisognava quindi lottare contro ogni forma di terapia e valorizzare la malattia psichica come strumento di lotta di classe. Da queste premesse nacque nel '70 ad Heidelberg il Sozialistisches Patientenkollektiv (SPK). Il SPK non tardò ad entrare in conflitto con la psichiatria ufficiale con i suoi cinquecento membri messi sotto stretta sorveglianza della polizia. Accusati di essere collusi con la banda criminale Baader-Meinhof e i terroristi della Rote Armee Fraktion furono costretti a sciogliersi dopo l'arresto dello stesso Huber.

La sigla SPK tornerà dieci anni dopo agli antipodi della Germania quando Graeme Revell e Neil Hill operatori psichiatrici di Sydney la useranno per il loro progetto musicale dove l'elettronica industriale sarà lo strumento d'indagine per l'alienazione urbana e le sue conseguenze psichiche.

Post-mortem


The agony of the plasma


Genetic transmission


giovedì 7 giugno 2012

E i cartelli stradali smetteranno di dare indicazioni

Mi è impossibile ascoltare un album dei Procol Harum senza annoiarmi a morte. Però ci sono quelle tre canzoni che adoro e che probabilmente continueranno a garantire agli autori e ai loro eredi una bella rendita per tanti anni a venire (oltre che ai nostrani Camaleonti e Dik Dik con le loro cover i cui testi sono ben lontani da quelli fantasiosi e ermetici di Keith Reid). Che dire, beati loro. E a me non resta che riascoltarmele con grandissimo piacere. Tutto il resto, è per l'appunto, noia!


A whiter shade of pale

"E fu così che più tardi appena il Mugnaio raccontò la sua storia che la sua faccia, all'inizio solo pallida diventò più bianca di un lenzuolo"



Homburg


"Lo specchio riflettendoci bene si e' arrampicato di nuovo su sulla parete perche' si e' accorto che il pavimento si era abbassato ed il soffitto era troppo alto"



A salty dog

"fin dove possono fuggire i marinai?"


sabato 2 giugno 2012

Il poliritmofono

Henry Cowell è stato un grande musicista americano: tra il 1912 ed il 1930 introdusse tecniche esecutive che saranno alla base del pianismo d’avanguardia: clusters di note, aggregati sonori eseguiti con l'avambraccio, con il pugno o con la mano piatta, manipolazione diretta delle corde del pianoforte. Non gli furono neppure estranei i primi vagiti dell'elettronica: nel '30 commissionò a Leon Theremin, l'inventore dell'omonimo strumento, la costruzione di un poliritmofono, una particolare tastiera capace di eseguire sedici differenti ritmiche contemporaneamente.
Anima inquieta, Cowell nel 1931 è a Berlino a studiare musica indiana e balinese. Comincia a incorporare nelle sue composizioni elementi sempre più eterogenei provenienti da Asia e Africa: un'esplorazione che continuerà senza sosta per tutta la sua vita anche negli anni durissimi del carcere: nel '36 con l'accusa di essere bisessuale fu condannato a dieci anni di reclusione per reati contro la morale.

The banshee (1925)



Homage to Iran (1963)







venerdì 1 giugno 2012

Cani sciolti

Il primo giugno del 1974 al Rainbow Theatre si danno appuntamento quattro illustri diseredati del rock: Nico e John Cale dai Velvet Underground, Kevin Ayers dai Soft Machine, Brian Eno dai Roxy Music. Come una muta di cani sciolti (e in compagnia di altri outsider come Robert Wyatt, Ollie Halsall dei Patto più Mike Oldfield) danno vita a un concerto che in qualche modo chiude un'epoca e prepara il terreno a una musica di là da venire e in cui i nostri, in particolar modo Eno e Cale, tireranno i fili da dietro le quinte: e sarà appunto la new wave di Patti Smith, Devo, Talking Heads e compagnia cantante.

Il concerto oltre l'attingere al  repertorio dei quattro include anche due significative cover di Elvis Presley ('Heartbreak Hotel', deturpata da John Cale) e Jim Morrison (con quella 'The end' che Nico porterà a vertici ancora maggiori di disperata angoscia).

May I?



Heartbreak Hotel
 
 
The end



domenica 29 aprile 2012

Il colore del melograno

"Dovete conservare con con cura i libri e leggere perché i libri sono la vita e l'anima. Se non ci fossero i libri il mondo sarebbe ignoranza."

Sayat Nova è un film del regista armeno Sergej Parajanov (o con altra translitterazione dal russo Parazdanov). Dopo questo film cominciarono per il regista le accuse da parte del regime comunista di omosessualità e traffico di icone e la conseguente detenzione di sei anni in un campo di lavoro a cucire sacchi.

"L'uomo e la sua anima sono sofferenza" è l'incipit del film con un pugnale e tre melograne che sanguinano: Sayat Nova è poesia scritta in forma di immagini cariche di tensioni esoteriche e religiose. Il pretesto è la biografia del poeta armeno Sayat Nova, vissuto nel XVIII secolo: la sua infanzia, la vita di corte, l'amore per la regina e il volontario esilio in un convento, la morte.


Hop Hop Hopper

Hugh Hopper (29/04/45 - 07/06/09) è stato uno dei più importanti musicisti della scena di Canterbury. Compagno di classe di Robert Wyatt dà vita prima ai Wilde Flowers e poi ai Soft Machine. Prima, durante e dopo il suo basso distilla sapienza nei dischi di Syd Barrett, Daevid Allen, Robert Wyatt, Kevin Ayers e cento altri. Nel 1973 anche una convincente prova solista con '1984' album dall'impronta fortemente elettronica e sperimentale.

Soft Machine: Facelift (da 'Third', 1970)



Hugh Hopper: Miniluv (da '1984', 1973)



Robert Wyatt: 'twas brillig (da 'Solar flares burn for you', 2003)

venerdì 27 aprile 2012

Gospel per Stalin


E' il 1943 quando il coro a cappella dei Golden Gate Jubilee Quartet inneggia le lodi di Stalin. La minaccia in quel momento era rappresentata dalla Germania di Hitler e quindi non si poteva andare tanto per il sottile nella scelta dei propri alleati!

Golden Gate Jubilee Quartet: Stalin wasn't stallin'

"Stalin wasn't stallin' / When he to1d the beast of Berlin / That they'd never rest contented / Til they had driven him from the land / So he called the Yanks and English / And proceeded to extinguish / The Fuhrer and his vermin / This is how it all began"



Il brano in questione "Stalin wasn't stallin'" fu ripreso da Robert Wyatt a inizio degli anni '80 nel periodo di maggior coinvolgimento politico del nostro, un impegno forte e sincero seppur di minore spessore artistico rispetto al resto della sua produzione. 
La cover del Golden Gate Jubilee Quartet fu prima edita su singolo e poi nella raccolta 'Nothing can stop us' dove l'unico inedito è la splendida 'Born again cretin'. 

Robert Wyatt: Born again cretin




Robert Wyatt with the SWAPO Singers: The wind of change