mercoledì 29 febbraio 2012

La grand boucle

Les triplettes de Belleville (da noi tradotto con un banalissimo Appuntamento a Belleville) è un film d'animazione franco-belga-canadese. Non poteva quindi che essere triste, anzi: tristissimo.
Il piccolo Champion (raffigurato come una caricatura di Fausto Coppi) dopo un'infanzia infelice in cui ha come unico amico un cane sgraziatissimo diventa un ciclista e partecipa al tour de France: viene rapito e costretto insieme ad altri suoi colleghi da una banda di criminali a pedalare ininterrottamente davanti a uno schermo dove si srotolano senza soluzione di continuità le mille strade e stradine del tour come in un folle videogioco.
La nonna di Champion, Madame Souza, il cane Bruno e tre vecchie cantanti decrepite un tempo famose e note come 'Les triplettes de Belleville' vanno alla ricerca di Champion in una metropoli cupa e minacciosa. Gran bella colonna sonora dedicata al jazz del chitarrista franco-belga Django Reinhardt.

Les triplettes de Belleville







martedì 28 febbraio 2012

L'arte dell'incontro

“Di mattino abbuio / Di giorno attardo / Di sera annotto / Di notte ardo. // Ad ovest morte / Gli vivo contro / Del sud captivo / Mio nord è l’est. // Gli altri computino / Passo per passo / Io muoio ieri // Nasco domani / Vado ov’è spazio / Mio tempo è quando.”

1969. Giuseppe Ungaretti, proprio lui il poeta, ha 81 anni. Ha conosciuto Vinicius de Moraes nel '37 quando insegnava letteratura italiana a Sao Paulo. Vinicius de Moraes è un poeta esordiente ma colpisce Ungaretti al punto da spingerlo a tradurne in italiano le opere.
Nel '69 Vinicius de Moraes, come tanti altri artisti brasiliani è all'estero: in patria c'è una ditttatura militare. Arriva in Italia con il chitarrista Toquinho. I due insieme a Sergio Endrigo e a Giuseppe Ungaretti che recita alcune poesie confezionano l'album: 'La vita, amico, è l'arte dell'incontro'. L'album prodotto da Sergio Bardotti e con gli arrangiamenti di Luis Bacalov è una di quei piccoli dischi che sottovoce sussurrano al cuore e scaldano l'anima.

Chi sono io se non...



Poema degli occhi (poema dos olhos de amada)

amore mio, che occhi i tuoi
strade di notte piene di addio
porti sereni
luci lontane
che vanno fino all’oscurità

amore mio, che occhi i tuoi
quanto mistero negli occhi tuoi
quanti velieri
e quante navi
quanti naufragi negli occhi tuoi

amore amore, che occhi senza Dio
un giorno forse
volesse Iddio
potrò vedere l’umile sguardo
della poesia
negli occhi tuoi

amore mio, che occhi i tuoi




Perché (O que tinha de ser)



Samba delle benedizioni (Samba da benção)

"Una donna deve avere qualcosa in più della bellezza / qualche cosa che piange, qualche cosa che ha malinconia / un’aria di amore tribolato / una bellezza che viene dalla tristezza di sapersi donna / fatta per amare, per soffrire d’amore / e per essere solo perdono..."


lunedì 27 febbraio 2012

Radio in attività


Radio days è il tributo di Woody Allen ai tempi eroici della radio. Le canzoni accompagnano le vicissitudini di una famiglia newyorkese di origine ebraica. Potrei polemizzare che nella radio d'anteguerra compariva solo jazz fatto dai bianchi, quindi edulcorato e reso inoffensivo. Ma oggi evito la questione e mi concentro sul resto, sulla necessità di una colonna sonora che sottolinei ogni momento della nostra vita.

Woody Allen: Radio Days



Tommy Dorsey: I'm getting sentimental


Benny Goodman Trio: Body and soul


Allan Jones: Donkey serenade

domenica 26 febbraio 2012

Come San Tommaso metteteci il naso (e le orecchie anche)

Cosa si può scrivere di un disco che è ritenuto tra i migliori album jazz di sempre? Poco o niente, la cosa migliore è riascoltarselo e basta. Non ve ne frega niente che la traccia iniziale St. Thomas è stata a lungo la mia sveglia mattutina? E chi se ne importa, in fondo avete pienamente ragione. Dimentivavo: il disco è Saxophone Colossus e lui è Sonny Rollins in compagnia di Max Roach alla batteria, Tommy Flanagan al piano e Doug Watkins al contrabbasso. L'anno è il 1956.

St. Thomas



You don't know what love is



Strode rode



Moritat



Blue seven

sabato 25 febbraio 2012

Metempsicosi

A differenza di tanti musicisti diventati più zombie di Eddie degli Iron Maiden a forza di continuare a ripetere se stessi all'infinito c'è chi come Steve Hillage si è incarnato di volta in volta in forme diverse. In principio furono gli Uriel che nel '69 diedero alle stampe il loro primo e unico album sotto le mentite spoglie dei fantomatici Arzachel. Quando infatti uscì il disco parte del gruppo era già diventata Egg e il contratto con la Deram non ne avrebbero consentito la pubblicazione. Fu poi la volta dei Kahn, un unico visionario disco nel '72.
Seguì un tour con Kevin Ayers e poi l'ingresso nella teiera volante dei Gong di Daevid Allen con i gradi di Submarine Captain. Hillage torna sulla Terra dalle imprese spaziali dei Gong quando nel '77 esplode il punk e partecipa al disco degli Sham 69.
Con l'arrivo degli anni '80 Hillage passa dietro la consolle e produce i dischi di Simple Minds e Robyn Hitchcock. Passa un decennio è torna con la sua chitarra nel seminale album elettronico degli Orb 'The Orb's adventures beyond the ultraworld'.
Insomma una vita musicale sempre in continuo movimento nel segno della più genuina scuola di Canterbury.

Arzachel: Metempsychosis (1969)



Khan: Space shanty (1972)



Gong: Flyng teapot (1973)



Orb: Back side of the Moon (1991)

venerdì 24 febbraio 2012

NCCP fedeli alla linea

Non è il caso di dichiarare qui i miei chiari intenti omicidi nei confronti di tutti i neomelodici dei miei stivali. E neppure quelli nei confronti di chi porta in giro la tradizione in maniera cartolinesca e stereotipata alla Renzo Arbore tanto per capirsi. C'è una tradizione invece che non scende a patti con la modernità offrendosi nuda e cruda, viva e vivida: ecco perché adoro i dischi della N.C.C.P. ovvero della Nuova Compagnia di Canto Popolare.

NCCP: Tammurriata nera



NCCP: Cicerenella



NCCP: Canto dei Sanfedisti


e visto che siamo in tema un pezzo dove la tradizione viene citata e ricontestualizzata al nostro tempo:

CCCP Fedeli alla linea: Mozzill'o Re

giovedì 23 febbraio 2012

Strada sbagliata

“Io una volta a Budapest ho detto per scherzo: ‘quando morirò, se proprio ci tenete a chiamare qualcosa con il mio nome, dedicatemi una strada sbagliata György Ligeti’. Ecco come mi sento io.”

Da bambino Gyorgy Ligeti sognava di diventare scienziato e anche se diventò musicista non dimenticò l'amore per le strutture matematiche e chimiche come la clorofilla che “ha al centro un atomo di magnesio, come un ragno in agguato in mezzo alla ragnatela”. Un musicista capace di spingersi oltre le convenzioni del tempo e guardare oltre, capace di comporre musica elettronica e scioccare il suo pubblico come quando nel '63 in Olanda mandò in scena la prima del suo 'Poema sinfonico per cento metronomi': il pubblico si trovò sul palco dieci esecutori che azionarono i cento metronomi! Il pubblico prima restò perplesso in silenzio poi cominciò a protestare. Il concerto che doveva anche essere trasmesso in televisione fu sostituito nel palinsesto da una provvvidenziale partita di calcio. Ma anche la sua produzione più propriamente classica è sempre rivolta più in là. Uno come Stanley Kubrick non poteva non innamorarsi di una tale musica e la utilizzerà in più d'uno dei suoi film.

Atmosphères



Requiem



Glissandi



Poema sinfonico per cento metronomi

mercoledì 22 febbraio 2012

Lo strappacuore

"Sono solo due le cose che contano: l'amore, in tutte le sue forme, con belle ragazze, e la musica di New Orleans e di Duke Ellington. Tutto il resto è da buttar via, perché è brutto..."
(Boris Vian, dalla prefazione a 'L'Écume des Jours')

Nel primo dopoguerra l'emittente radiofonica newyorkese WNEW trasmise per 48 puntate il programma 'Jazz in Paris' curato dallo scrittore e poeta francese Boris Vian. L'intento era quello di presentare al pubblico americano il jazz francese: arrivarono anche così alle orecchie d'oltreoceano le note di Django Reinhardt, Stephane Grappelli, Claude Luter. Peccato che nessuna registrazione si sia salvata ma fortunatamente rimangono i testi preparati da Vian per le trasmissioni. Ma lo stesso inesauribile Vian oltre che critico musicale fu lui stesso musicista e paroliere, surreale e antimilitarista.

Boris Vian: La java des bombes atomiques

Mio zio, che amava far da sè, faceva bombe atomiche da dilettante e senza aver studiato mai raggiunse più di un risultato rilevante. Passava tutto il giorno chiuso in un laboratorio a fare esperimenti. La sera ci chiamava a sè e a noi, tutti contenti, raccontava che... "Se per fare la bomba A non c'è difficoltà, se non elementare. Ed anche col detonatore bastan poche ore a farlo funzionare. Invece con la bomba H c'è un problema pratico che mi tormenta: che quella di mia produzione c'ha un raggio d'azione di tre metri e trenta! E' un difetto a cui però presto io rimedierò". Ed ha passato molte ore a rimediar l'errore nella sua officina, pranzando insieme a noi sbobbava in un sol colpo la sua zuppa di gallina. Da come è diventato rosso si capì che un osso gli era andato storto. Accadde proprio un martedì che lo zio mezzo morto ci gridò così: "Più io divento vecchio più mi accorgo che il cervello scema ad ogni mese. Per dir le cose come stanno, non è più un cervello ma una maionese. Per anni cerco di aumentare la portata della bomba mia diletta, non mi sono reso conto che quello che conta è solo dove la si getta! Se qualcosa ancor non va, presto si rimedierà." I gran capi di Stato per veder la bomba gli hanno chiesto udienza in fretta, lo zio li ha ricevuti tutti e chiesto scusa se la camera era stretta. Ma quando sono entrati lui li ha chiusi dentro, poi gli detto "State buoni!" La bomba esplose così fu che di 'sti capoccioni non ce n'eran più! Lo zio, davanti al risultato, non perse la testa e fece il finto tonto. Lo misero davanti al giudice perchè dell'atto lui rendesse conto. "Signori è stata una sciagura ma non ho paura a dirvi chiaro e tondo che distruggendo 'sti bastardi, anche se un po' tardi, ho salvato il mondo!" Si fu incerti per un po', e lo si condannò e poi lo si graziò. E il paese che gradì lo fece capo del governo lì per lì.

Luigi Tenco: Padroni della terra (traduzione de 'Le déserteur')



Vittorio Gassman: Io non vorrei crepare (traduzione di 'Je voudrai pas crever')



Django & Hot Club de France: J'attendrai


martedì 21 febbraio 2012

Cereal killer

Povero lupo, sempre a personificare il male, pure nei cartoon: a distanza di dieci anni è prima ebreo poi nazista, dalle Silly Symphonies di Walt Disney, censurate per quel lupo travestito da commesso viaggiatore dalle stereotipate fattezze giudaiche del '33, all'odiosa divisa hitleriana del cortometraggio di Avery realizzato dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Ma il povero lupo è ancora lì, pure su MTV a recitare la parte del cattivo e stavolta le prende addirittura da Rambo nell'esilarante videoclip dei Green Jello, bislacco gruppo di inizio anni novanta, autori dell'album 'Cereal killer'.

Burton Gillett: Silly Symphony The three little pigs (1933)




Tex Avery: Blitz Wolf (1942)




Green Jello: Little pig, little pig (1992)



Green Jello: Cereal killer (1991)

lunedì 20 febbraio 2012

Orecchio di mercante

Thomas Edison è ritenuto, a torto, il padre della lampadina: rubò l'idea a Henrich Goebel. Ma si macchiò di ben altri delitti, compreso quello dell'elefantessa Topsy arrostita da una rudimentale sedia elettrica. Tra i vari crimini perpetrati dal nostro, sordo d'orecchio ma lesto di mano, c'è anche il primo caso di pirateria della storia del cinema: suoi agenti corruppero un impresario teatrale di Londra ottenendo una copia della pellicola di George Méliès 'Le voyage dans la Lune' liberamente ispirato ai racconti di Jules Verne e ritenuto il capostipite del genere fantascientifico. Grazie all'ennesima azione ribalda Edison poté stampare centinaia di copie e smerciarle ai teatri newyorkesi senza che il povero Méliès ne potesse ricavare neanche un nichelino.

Thomas Alva Edison: L'esecuzione di Topsy


George Méliès: Le voyage dans la Lune 


Nel gli Smashing Punpkins omaggeranno Méliès nel video di 'Tonight, tonight' tratto da 'Mellon Collie and the infinite sadness' ultimo disco degno di nota per Billy Corgan e soci, purtroppo usciti stremati e prosciugati nell'ispirazione da quel presuntuoso doppio album arrivato dopo i fasti di 'Siamese Dream'.

Smashing Pumpkins: Tonight, tonight


Smashing Pumpkins: Rocket


domenica 19 febbraio 2012

Abbattere l'asilo della realtà

Rip Rig & Panic è tra le migliori prove del polistrumentista Rahsaan Roland Kirk registrato nel 1965 con Jaki Byard al piano, Richard Davis, reduce da Out of lunch! di Dolphy e che parteciperà nel 1968 alle registrazioni di Astral Weeks di Van Morrison, al contrabbasso e Elvin Jones, fido compare di Coltrane, alla batteria. 
Kirk era diventato cieco in seguito a una dose eccessiva di medicinali somministratagli da un'infermiera sbadata. Si fidava dei sogni e fu in seguito a un sogno che cominciò a suonare sul palco anche tre strumenti contemporaneamente! Famoso anche per l'impegno politico che portava avanti in salaci monologhi durante i suoi concerti non si arrese neppure quando un'emorragia cerebrale lo lasciò semiparalizzato: modificò i suoi strumenti e tirò avanti ancora un paio di anni prima che un secondo ictus lo uccise alla fine di un concerto nel 1977.

The Roland Kirk Quartet: Rip Rig & Panic



Nel 1981, Gareth Sager e Bruce Smith del Pop Group insieme a Sean Oliver, Mark Springer e la cantante Neneh Cherry (figliastra del trombettista Don Cherry) fondarono i Rip Rig & Panic chiamati così in onore di Kirk. I loro dischi God (1981) e I am cold (1982) fondono ottimamente freejazz e post-punk e chi se ne frega se Battiato non li sopporta!

Rip Rig & Panic: Storm the reality asylum



Rip Rig & Panic: Constant drudgery is harmful to soul, spirit



Rip Rig & Panic: Bob Hope takes risks




sabato 18 febbraio 2012

Dannati stereotipi

Doveva parere naturale ai medici che lo visitarono che un jazzista nero non poteva morire d'altro che d'overdose. E invece nel caso di Eric Dolphy si trattava di un diabete fulminante. Era il giugno del '64 e se ne andava così uno dei più grandi jazzisti di sempre che in pochi anni aveva rivitalizzato l'uso del clarinetto.

Charles Mingus: Original Faubus Fables (da Charles Mingus presents Charles Mingus, 1960)

Oliver Nelson: Stolen moments (da The blues and the abstract truth, 1961)




John Coltrane: Olé (da Olé Coltrane, 1961)



George Russell: Round midnight (da Ezz-thetics, 1961)



Eric Dolphy: Hat and beard (da Out of lunch!, 1964)





venerdì 17 febbraio 2012

Terza dal Sole

La conquista dello spazio, corsa a due tra USA e URSS culminata con la decisiva vittoria americana messa a segno con lo sbarco sulla Luna (Sarà poi vero? In fondo non è che ci creda un granché) entrò prepotentemente nell'immaginario rock. E la lista sarebbe sterminata: da Jimi Hendrix (Third stone from the sun) ai Byrds (CTA 102, Mr Spaceman), da David Bowie (da Space oddity alla saga di Ziggy Stardust) ai Pink Floyd (Astronomy domine, Interstellar overdrive, Set the controls for the heart of the sun) fino alla Kosmische Musik teutonica che portò il mito dello spazio siderale alle estreme e più allucinate conseguenze e in particolar modo con Klaus Schulze presente oltre che come solista nei Tangerine Dream, negli Ash Ra Tempel e nei Cosmic Jokers.

Jimi Hendrix Experience: Third stone from the sun



The Byrds: CTA 102



Tangerine Dream: Alpha Centauri


giovedì 16 febbraio 2012

A spasso con gli spettri

Una voce che raggela il sangue. Potrebbe essere stata registrata dopodomani o mille anni fa. La musica che l'accompagna può appartenere all'Europa o all'Asia. Ogni cosa è inchiodata da qualche parte fuori dallo spazio e dal tempo. E l'unica cosa che ti rimane è seguire quella voce senza fare domande.
John Cale suona quasi tutto: viola, glockenspiel, harmonium, percussioni. Tratteggia esili scenari dove può aleggiare la voce spettrale di Nico. Due LP, Marble index e Desertshore, che svettano come due monoliti in un deserto lunare.

Frozen warnings



Janitor of lunacy



All that is my own



Ari's song

"Let the rain wash away your cloudy days / Sail away into a dream / Let the wind send you a fantasy / Of the ancient silver sea"

mercoledì 15 febbraio 2012

Saldi di fine stagione

Isn't it so strange how far away we all are now / Am I the only one who remembers that summer / Oh I remember everyday each time a place was saved / The music that we made / The wind has carried all of that away / Long gone day

Quando finalmente ebbi tra le mani il CD dei Mad Season capii subito che la stagione del grunge era irrimediabilmente finita. I protagonisti erano i soliti noti, Layne Staley degli Alice In Chains alla voce, Mike Mc Cready dei Pearl Jam alla chitarra, Barrett Martin degli Screaming Trees alla batteria. Ospite d'eccezione con la sua inconfondibile voce in un paio di brani Mark Lanegan. Ma la musica si staccava da Seattle e puntava risolutamente altrove tra blues dimessi (Wake up, River of deceit, Artificial red), divagazioni jazz (Long gone day), psichedelia (All alone). Il lungo strumentale di Novembre hotel è un treno che sferraglia nella nebbia in cerca di una destinazione. Per Layne Staley sarà purtroppo il capolinea.

River of deceit



Long gone day



November Hotel



Barrett Martin invece virerà alla ricerca di suoni etnici prima fondando i Tuatara poi inanellando collaborazioni con artisti dall'Africa all'Asia, al Centro America. Nel primo disco dei Tuatara spicca la presenza ancora di Mike McCready e di Peter Buck dei R.E.M. ma già del rock non c'è più traccia.

Dark state of mind




martedì 14 febbraio 2012

Voglio canzoni tristi anche quando sono felice

1978, Blue Valentine. Per Tom Waits è già il sesto album, ma come il primo e l'ultimo c'è sempre la sua voce, le sue storie tristi e sgangherate di cui non potrei mai fare a meno e dove anche la morte è dolcissima se arriva con un proiettile nel petto e James Cagney sullo schermo.

Blue Valentines

"To send me blue valentines / Like half forgotten dreams / Like a pebble in my shoe / As I walk these streets / And the ghost of your memory / Is the thistle in the kiss / And the burgler that can break a roses neck / It’s the tatooed broken promise / That I hide beneath my sleeve / And I see you every time I turn my back"



Romeo is bleeding

"But Romeo is bleeding as he gives the man his ticket / and he climbs to the balcony at the movies / and he'll die without a wimper / like every hero's dream / just an angel with a bullet / and Cagney in the screen"



lunedì 13 febbraio 2012

I guardascarpe

La carriera dei My Bloody Valentine, massimi esponenti dello shoegazing, è stata un continuo alzare l'asticella della soglia del rumore fino all'acme di Loveless del 1991. Un acme raggiunto dopo un gran numero di singoli ed EP e l'album Isn't anything del 1988. Kevin Shields e soci hanno scolpito trame sonore seppellite sotto tonnellate di feedback. I loro concerti, per chi ha avuto la fortuna di assistervi, erano dei veri e propri tour de force anche per gli spettatori messi a dura prova dalla insostenibilità compattezza dei loro muri sonici.

Only shallow



You made me realise



You've got nothing



To here knows when

domenica 12 febbraio 2012

Cuore di vetro

"Fa che tutto sia fuoco e dentro di me"

'Cuore di vetro' è una delle canzoni più belle dei Litfiba, quelli veri non quelli che ancora girano per l'Italia senza che nessuno gli ricordi che è ora di dire basta, dal loro disco più bello, quel 17 Re che continua dopo quasi venticinque anni a conservare tutta la sua freschezza e potenza.

Cuore di vetro (da Litfiba 3, 1988)



'Cuore di vetro' è anche uno dei più bei film di Werner Herzog, famoso anche per la recitazione sotto ipnosi imposta agli attori del cast. Una fiaba che tinge di sangue le storie di un piccolo villaggio della Baviera nobilitata dalla colonna sonora dei fidi Popol Vuh, autori delle musiche di molti film di Herzog. Splendido finale girato alle isole Skellig.

Cuore di vetro (inizio)



Cuore di vetro (finale)




sabato 11 febbraio 2012

Dentro il vulcano

Durante le registrazioni di Electric Ladyland Jimi Hendrix chiamò dietro rullanti e tamburi per un paio di brani il batterista degli Electric Flag, il corpulento Buddy Miles, perché secondo lui 'picchiava a morte la batteria'. Più tardi, arruolato anche Billy Cox al basso, Jimi diede vita alla Band of Gypsys, formando così un trio di soli neri. Breve esperienza che sfociò in un live tratto da quattro concerti tenuti a New York nel periodo di capodanno del 1970.
Per Buddy Miles, che aveva già alle spalle l'esperienza blues psichedelica degli Electric Flag e un paio di dischi solisti 'Expressway to your school' e 'Electric church' la carriera continuò tra collaborazioni prestigiose con Santana e John McLaughlin (un disco live registrato con il primo dentro il cratere di un vulcano alle isole Hawaii), disavventure giudiziarie e problemi con la droga.
Ne uscì fuori solo negli anni '80 quando ottenne anche un grosso successo cantando un pezzo di Marvin Gaye per una pubblicità di uvette californiane!

Rainy day, dream away (Jimi Hendrix Experience da 'Electric Ladyland')



Train (Buddy Miles Express da 'Expressway to your skull')



Marbles + Lava (Carlos Santana & Buddy Miles da 'Live!')



California raisins (spot)

venerdì 10 febbraio 2012

"make me feel pink"

"In yellow shoes I get the blues / Though I walk the streets with my plastic feet / With my blue velvet trousers, make me feel pink" (Vegetable man, Pink Floyd)

I Soft Boys nascono nel 1976 a Cambridge, città natale di Syd Barrett. Fuori si prepara il punk ma Robyn Hitchcock e soci guardano indietro. L'amore per i sixties e per i primi Pink Floyd li porterà a registrare due ottimi album 'Can of bees' e 'Underwater moonlight' e una sequenza ingarbugliatissima di singoli, EP, live più o meno ufficiali.

I wanna destroy you



Leppo and the Jooves



Pigworker



Vegetable man

giovedì 9 febbraio 2012

Licantropi

Leggenda vuole che nel 1963 Warren Zevon partì dall'assolata Arizona in direzione New York in cerca di fortuna come cantante folk. Aveva appena sedici anni e l'auto appena vinta dal padre, giocatore d'azzardo. Nel 1978 con il singolo Werewolves of London riuscì ad ottenere un discreto successo nonostante le continue ricadute nel vizio dell'alcol che si ripeteranno frequenti nella sua vita.
Nel 1987 il nostro si ritrova in studio con 3/4 dei R.E.M., manca solo Michael Stipe, per le registrazioni di un suo disco solista. Complice l'alcol i quattro in una sera realizzano una serie di cover scanzonate che verranno pubblicate nel 1990 sotto lo pseudonimo Hindu Love Gods tra cui spicca una versione molto rock di 'Raspberry beret' di Prince.

Werewolves of London



Raspberry beret

mercoledì 8 febbraio 2012

Il sindacato dei sogni

La punta di diamante del Paisley Undergroung furono senza dubbio i Dream Syndicate di Steve Wynn. Nel sindacato dei sogni confluì l'impeto sottoproletario dei punk e l'effervescenza musicale degli hippy californiani. 'The days of wine and roses', 'The medicine show' e il live 'At Raji's' i dischi da sentire assolutamente.

John Coltrane stereo blues



The medicine show



The days of wine and roses

martedì 7 febbraio 2012

Canti Pagani

Mauro Pagani abbandonata nel 1978 la PFM si diede alla ricerca di nuovi orizzonti musicali i cui frutti arrivarono subito maturi e succosissimi: l'album solista e omonimo 'Mauro Pagani' del '78, il progetto 'Carnascialia' nel '79 in compagnia di Area e Canzoniere del Lazio, fino a 'Creuza de ma' con De André nel '84. Massimo comun denominatore di questi dischi l'intreccio e il meticciato di sonorità mediterranee, un deciso cambio di coordinate verso quello che era il Mare Nostrum.

L'albero di canto (da 'Mauro Pagani')



Canzone numero uno (da 'Carnascialia')



Europa minor (da 'Mauro Pagani')



Kaitain (da 'Carnascialia')



lunedì 6 febbraio 2012

Enduring freedom?

Non è da tutti essere fermati e perquisiti in una stazione di servizio dalla FBI perché sospettati di essere dei terroristi. I canadesi Godspeed You! Black Emperor ci sono riusciti. Era il 2003 e avevano pubblicato da pochi mesi Yanqui U.X.O. a tutt'oggi ultimo disco ufficiale della band. La paranoia post 11 settembre allo zenit. Il titolo dell'album era l'acronimo di Yankee unexploded ordnance, la copertina un grappolo di bombe in caduta su una pianura. La musica un saliscendi continuo tra piani e forti, tra dolore e catarsi pacificatrice.

Static



Rockets fall on Rocket Falls



Moya

domenica 5 febbraio 2012

Sogni nel cassetto

Pochi mesi fa la Mute Records ha ristampato Tago Mago dei Can per il suo quarantesimo compleanno. Un disco che mantiene immutato tutto il suo enorme impatto. E tanto peggio per chi non lo ha mai ascoltato oppure lo ha ascoltato senza capirlo. Posto qui il CD bonus che raccoglie tre pezzi dal vivo registrati nel 1972 in attesa delle prossime ristampe che si preannunciano golosissime.

Mushroom



Spoon



Halleluwah



sabato 4 febbraio 2012

Totalitarismo

Prima ancora dei Pink Floyd di The Wall erano stati i Residents a intuire come la musica rock potesse assumere connotati spaventosi e deformi tali da avvicinarsi ad assomigliare a una colonna sonora per le adunate naziste (esempio lampante i martelli incrociati che evocano le svastiche nell'opera di Roger Waters). Più sfacciatamente palesi erano stati i fantomatici Residents (gruppo di cui non si sono mai conosciuti i membri): 'Third Reich and roll' è sin dal titolo e dalla copertina assolutamente esplicito, nelle due facciate del disco vengono cuciti insieme stralci di Beatles, Rolling Stones, Doors e compagnia cantante per un allucinante viaggio nel buio retrobottega del rock.

Side A: Swastikas on parade



Side B: Hitler was a vegetarian




venerdì 3 febbraio 2012

Algida

Un disco polare. Il sibilo del vento artico percuote tutto Eskimo, album dei Residents dedicato al popolo innuit. Musica concreta per circa quaranta minuti di lento avanzamento verso un luogo lontanissimo e ostile: si fa una gran fatica ad avanzare nella tormenta elettronica di questo disco. Un'esperienza ai limiti della resistenza fisica dove o ci si arrende o si arriva alla meta letteralmente trasformati nei propri abiti mentali.

pt. 1 The walrus hunt


pt. 6 The festival of death





giovedì 2 febbraio 2012

Mattatoio 5

"The epitaph, the charred terrain, the board wiped clean, to try and start, they'll start again, playing your wargames"

Con questi versi si concludeva Dresden degli UK Decay, canzone che denunciava i gratuiti bombardamenti compiuti dagli inglesi sulla città di Dresda alla fine della seconda guerra mondiale. Denuncia già compiuta dallo scrittore Kurt Vonnegut nello splendido romanzo Mattatoio 5.

Dresden



"Vista a rovescio da Billy, la storia era questa: gli aerei americani, pieni di fori e di feriti e di cadaveri decollavano all'indietro da un campo di aviazione in Inghilterra. Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero, sempre volando all'indietro, e succhiarono proiettili e schegge da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con alcuni bombardieri americani distrutti, che erano a terra e poi decollarono all'indietro, per unirsi alla formazione. Lo stormo, volando all'indietro, sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono i portelli del vano bombe, esercitarono un miracoloso magnetismo che ridusse gli incendi e li raccolse in recipienti cilindrici di acciaio, e sollevarono questi recipienti fino a farli sparire nel ventre degli aerei. I contenitori furono sistemati ordinatamente su alcune rastrelliere. Anche i tedeschi, là sotto, avevano degli strumenti portentosi, costituiti da lunghi tubi di acciaio. Li usavano per succhiare altri frammenti dagli aviatori e dagli aerei. Ma c'erano ancora degli americani feriti, e qualche bombardiere era gravemente danneggiato. Sopra la Francia, però, i caccia tedeschi tornarono ad alzarsi e rimisero tutti e tutto a nuovo. Quando i bombardieri tornarono alla base, i cilindri di acciaio furono tolti dalle rastrelliere e rimandati negli Stati Uniti, dove c'erano degli stabilimenti impegnati giorno e notte a smantellarli, e separarne il pericoloso contenuto e a riportarlo allo stato di minerale. Cosa commovente, erano soprattutto le donne a fare questo lavoro. I minerali venivano poi spediti a specialisti in zone remote. Là dovevano rimetterli nel terreno e nasconderli per bene in modo che non potessero più fare male a nessuno." (Kurt Vonnegut)

Gli UK Decay, più che per Dresden, saranno ricordati per il disco 'For madmen only' e la loro mistura di punk e dark con cui incendiarono i palchi al di qua e al di là dell'Atlantico per un paio d'anni.

Dorian



Sexual



The black cat

"the memory, it’s still hunting me"

mercoledì 1 febbraio 2012

La battaglia di sempre

Sul quarto album dei Led Zeppelin c'è l'unica traccia in cui la voce di Robert Plant non la fa da padrone ma lascia il proscenio a Sandy Denny. 'The battle of evermore' è una meraviglia per sole voci, chitarra acustica e mandolino. Il testo è la solita solfa alla Tolkien, ma in fondo è solo il pretesto a far librare in alto la voce angelica della Denny che si guadagnò la 'quinta runa' un po' nascosta nell'artwork del disco noto appunto perché associa un simbolo celtico ad ogni membro del gruppo. 'The battle of Evermore' fu per me il punto di partenza per un viaggio a ritroso nel tempo per ripescare quei dischi dove la Denny aveva lasciato il proprio canto etereo, dai Fairport Convention ai Fotheringay, alle prove soliste.

Led Zeppelin: 'The battle of evermore'



Fairport Convention: 'Matty Groves'



Fotheringay: 'The sea'