domenica 29 aprile 2012

Il colore del melograno

"Dovete conservare con con cura i libri e leggere perché i libri sono la vita e l'anima. Se non ci fossero i libri il mondo sarebbe ignoranza."

Sayat Nova è un film del regista armeno Sergej Parajanov (o con altra translitterazione dal russo Parazdanov). Dopo questo film cominciarono per il regista le accuse da parte del regime comunista di omosessualità e traffico di icone e la conseguente detenzione di sei anni in un campo di lavoro a cucire sacchi.

"L'uomo e la sua anima sono sofferenza" è l'incipit del film con un pugnale e tre melograne che sanguinano: Sayat Nova è poesia scritta in forma di immagini cariche di tensioni esoteriche e religiose. Il pretesto è la biografia del poeta armeno Sayat Nova, vissuto nel XVIII secolo: la sua infanzia, la vita di corte, l'amore per la regina e il volontario esilio in un convento, la morte.


Hop Hop Hopper

Hugh Hopper (29/04/45 - 07/06/09) è stato uno dei più importanti musicisti della scena di Canterbury. Compagno di classe di Robert Wyatt dà vita prima ai Wilde Flowers e poi ai Soft Machine. Prima, durante e dopo il suo basso distilla sapienza nei dischi di Syd Barrett, Daevid Allen, Robert Wyatt, Kevin Ayers e cento altri. Nel 1973 anche una convincente prova solista con '1984' album dall'impronta fortemente elettronica e sperimentale.

Soft Machine: Facelift (da 'Third', 1970)



Hugh Hopper: Miniluv (da '1984', 1973)



Robert Wyatt: 'twas brillig (da 'Solar flares burn for you', 2003)

venerdì 27 aprile 2012

Gospel per Stalin


E' il 1943 quando il coro a cappella dei Golden Gate Jubilee Quartet inneggia le lodi di Stalin. La minaccia in quel momento era rappresentata dalla Germania di Hitler e quindi non si poteva andare tanto per il sottile nella scelta dei propri alleati!

Golden Gate Jubilee Quartet: Stalin wasn't stallin'

"Stalin wasn't stallin' / When he to1d the beast of Berlin / That they'd never rest contented / Til they had driven him from the land / So he called the Yanks and English / And proceeded to extinguish / The Fuhrer and his vermin / This is how it all began"



Il brano in questione "Stalin wasn't stallin'" fu ripreso da Robert Wyatt a inizio degli anni '80 nel periodo di maggior coinvolgimento politico del nostro, un impegno forte e sincero seppur di minore spessore artistico rispetto al resto della sua produzione. 
La cover del Golden Gate Jubilee Quartet fu prima edita su singolo e poi nella raccolta 'Nothing can stop us' dove l'unico inedito è la splendida 'Born again cretin'. 

Robert Wyatt: Born again cretin




Robert Wyatt with the SWAPO Singers: The wind of change

giovedì 26 aprile 2012

Dove stiamo andando?

Quando si è a corto di soldi ci si arrangia come si può. E peccato se il lavoro sarebbe potuto uscire meglio. Così Dondestan, il gran ritorno di Robert Wyatt dopo anni di silenzio fu dato alle stampe nel 1991 con un missaggio frettoloso e approssimativo (così riteneva lui, perché era già un gran bel disco). Ma evidentemente a Robert il cruccio era rimasto così nel 1998 riesce a riportarlo in studio di registrazione e a rimettere mano ai nastri originali: il risultato è Dondestan (revisited). Disco, a un orecchio attento, dal suono un po' più cupo e compatto. Per il resto se si eccettua la diversa scaletta dei brani difficile riconescere l'uno e l'altro e ancor più decidere quale delle due versioni preferire. Insomma l'unica strada percorribile è godersi due volte questo album doppio che vale molto di più di tanti doppi album.

"Il lato nuovo di questo lavoro é che i testi delle canzoni erano delle poesie di Alfie; mi piacciono molto le sue poesie perché c’é molto di non detto. Chiamai il disco "Dondestan" perché aveva un doppio significato: in spagnolo significa "dove stai andando" e, sempre in spagnolo, ricorda qualcosa della repubblica euroasiatica. Qualcosa come dichiarare se stessi indipendenti da qualcuno o qualcosa. Io spesso mi sento in esilio da non so quale paese e anche tante persone che conosco sembrano essere degli esiliati. E’ un disco sulla mancanza di radici, questo lo si sente sia nelle canzoni che nei testi di mia moglie".





Il brano che dà il titolo all'album tratta dell'impossibilità di avere una patria per curdi e palestinesi.

"Palestine's a country / Or at least / Used to be. / Felahin, refugee / (Kurdistan similarly) / Need something to / Build on / Rather like / The rest of us."



mercoledì 18 aprile 2012

Di più, ancora di più

I due primi film del regista francese Barbet Schroeder sono diventati oggetti di culto per le colonne sonore firmate dai Pink Floyd. In particolare il primo, 'More' del 1969, un film quasi documentaristico sulla caduta di una coppia in un vortice di sesso e droga che si sposta da Parigi alla lussureggiante isola di Ibiza, allora rifugio delle comunità hippy e psichedeliche, seducente e invitante fino al drammatico risveglio finale. A distanza di anni del film rimangono le belle scene e ovviamente la splendida colonna sonora, primo banco di prova dopo l'allontanamento di Syd Barrett.

Barbet Schroeder: More (1969, trailer)



Pink Floyd: Soundratck from the film More (1969)



Furono molti gli artisti che si stabilirono a Ibiza, tra questi uno dei più affezionati all'isola fu Kevin Ayers, musicista che preferì sempre il calore dell'isola al perseguimento del successo. Dopo un'infanzia passata in Malesia (e i cui echi si sentono in pezzi come Oleh oleh bandu bandung) e l'adolescenza a Canterbury dove fondò con i fratelli Hopper e Robert Wyatt i Wilde Folwers, trovò proprio alle Baleari il denaro per mettere in piedi i Soft Machine. Ayers e Daevid Allen convinserò infatti il milionario americano Wes Brunson a finanziarli per l'acquisto di tutta la strumentazione necessaria al loro progetto musicale. Ma come detto Ayers preferiva spassarsela e così abbandonò il gruppo dedicandosi in maniera saltuaria alle sue  esperienze soliste e sfogare la sua multiforme e allegra creatività.

Kevin Ayers: Oleh oleh bandu bandung (da 'Joy of a toy', 1969)




Kevin Ayers: Don't sing no more sad songs (da 'Whatevershebringswesing', 1972)

martedì 17 aprile 2012

Vino, whisky, Southern Comfort e poi la finestra

"Vino, whisky, Southern Comfort e poi la finestra"
così Robert Wyatt raccontò con amara ironia quella tragica sera di giugno del '73 quando cadendo dal quarto piano perse (fortunatamente) solo l'uso delle gambe.

"Il dottore era stupefatto. Mi disse: 'Doveva essere proprio ubriaco per rimanere così rilassato mentre cadeva dal terzo piano'. Se fossi stato appena un po' più sobrio, probabilmente oggi non sarei qui: avrei teso tutto il corpo per la paura e quindi mi sarei fracassato."
 
La sua carriera di batterista finisce lì, ma nelle dure settimane della convalescenza e immediatamente dopo Wyatt completa il materiale composto con una tastierina Riviera pochi mesi prima dell'incidente a Venezia in una casa della Giudecca e che diventerà il suo capolavoro 'Rock Bottom'. 'Rock Bottom' esce il 26 luglio del '74 anniversario di matrimonio con l'inseparabile Alfreda Benge e a cui è dedicata il dittico Alifie/Alifib. Poi l'8 settembre il ritorno sulle scene al teatro Drury Lane di Londra. Presentato da John Peel e accompagnato da tutta l'intellighenzia canterburyana Julie Tippett, Gary Windo, Mongezi Feza, Dave Stewart, Fred Frith, Mike Oldfield, Hugh Hopper, Laurie Allan e Nick Mason il concerto è un concentrato densissimo di emozioni.
Concerto che fu possibile grazie a una furba trovata del manager della Virgin Richard Branson che contattò i vari musicisti all'insaputa di Wyatt, assicurando a ognuno che Robert teneva molto alla loro adesione mentre al diretto interessato giurò che erano stati i musicisti a premere perché lui tornasse a esibirsi.

Alife / Alifib



A chiudere il concerto l'incredibile versione wyattiana di I'm a Believer dei Monkees, registrata per scherzo con Nick Mason dei Pink Floyd, Fred Frith e il futuro Police Andy Summers ed entrata in classifica al punto da ricevere l'invito a eseguirla in TV. Ma quando trapela che il produttore Robin Nash di Top of the Pops ha detto che "non sta bene" mostrare la sedia a rotelle negli "spettacoli d'intrattenimento per le famiglie" Wyatt propone di presentarsi con tutto il complesso in sedia a rotelle. E ovviamente addio comparsata in TV.

"Mi pare che in una intervista mi avessero chiesto quali fossero le mie dieci canzoni preferite - una specie di I dieci dischi rock che porteresti su un'isola deserta - e io avevo subito accettato, perché mi diverto a stilare quegli elenchi. La lista finì in mano a Simon Draper della Virgin, che notò la presenza di quel vecchio successo dei Monkees e mi domandò: «Dicevi sul serio?» Io avevo bluffato, lui era venuto a vedere e quindi risposi di sì. Entrai in studio e incisi I'm A Believer."

I'm a believer

mercoledì 11 aprile 2012

Vanadio

Oggi 11 aprile 2012 ricorre il venticinquesimo anniversario della morte di Primo Levi. Adoro i suoi libri legati alla chimica e alla curiosità per le piccole cose come 'Il sistema periodico' e 'L'altrui mestiere'. Nel sistema periodico c'è un racconto intitolato Vanadio dove si parla del rapporto epistolare nato per ragioni di lavoro tra Primo Levi e un certo Lothar Muller che risulterà poi essere un chimico della fabbrica di Buna presso Auschwitz dove Levi era stato condannato a lavorare in seguito alla deportazione in Germania.

Nella mia testa c'è un altro vanadio, dal testo cupissimo che ben richiama i racconti dell'Olocausto. E di quella macchina di morte che fu anche precisa macchina industriale dagli ingranaggi purtroppo oliatissimi come la famigerata IG Farben. Il vandio è quello di 'Vanadium I Ching' dal primo claustrofobico capolavoro degli Einsturzende Neubauten: 'Zeichnungen des Patienten O.T.' ovvero i disegni del paziente O.T..

Vanadium I Ching

"Senti il rumore del cuore che batte? Vedi gli avvoltoi in volo sull'incendio? Il tetto è in fiamme già da tanto tempo. Vedi le iene per la strada? Amore mio parlami nella lingua del contagio".


 
Armenia 

"I vulcani sono ancora attivi? / Per favore non deludermi! / Credo di nuovo nel voodoo / Infilo aghi nell'elenco telefonico"




Abfackeln

"Lasciate che i nostri crani si liberino dalle micosi! ...e se la città brucia... Sì... sono le nostre torce... Lasciate che le nostre anime brucino!"



martedì 10 aprile 2012

Mr. Sandman portami un sogno

Il sandman è l'uomo dei sogni, quello che getta la sabbia negli occhi per farti addormentare. E Mark Sandman rispettando il suo nome ha portato sogni fumosi e caliginosi per tutta la sua carriera, finché il suo cuore ha retto. Poi la sera del 3 luglio del '99 si è fermato, tra una canzone e l'altra sul palco di Palestrina mentre si esibiva con suoi Morphine. Il trio di Boston (Mark Sandman al basso con due sole corde, Jarome Dupree prima e Billy Conway poi alla batteria e Dana Colley al sax baritono) aveva saputo creare una splendida miscela di blues, rock e jazz facendo a meno di chitarre e chitarristi.

Cure for pain



Candy




In spite of me



Buena


lunedì 9 aprile 2012

Sacrifici inumani

Henryk Gorecki è tra quei compositori di musica classica capaci di affascinare i musicisti rock in particolare per la sua 'Sinfonia n. 3, opus 36'. L'opera è composta da tre movimenti, il primo riprende un lamento del XV secolo, l'ultimo una canzone tradizionale. Nel mezzo vengono riprese delle iscrizioni ritrovate sui muri di una prigione della famigerata Gestapo a Zakopane, una piccola città sui monti Tantra al confine meridionale con la Cecoslovacchia. Le quattro mura della cella traboccavano di frasi lasciate dai condannati a morte: suppliche e anatemi. Gorecki fu colpito in particolare da quella di una ragazza: "No madre, non piangere".

«La frase che trovai incisa era diversa dalle restanti, era quasi uno scusarsi per essersi messa lei in quella condizione; quella ragazzina cercò conforto e aiuto in una semplice, piccola, ma significativa frase». 

Henryk Gorecki: Symphony n.3, opus 36



Chiari riferimenti al musicista polacco si trovano nelle tracce dei canadesi Godspeed You Black Emperor (la loro Moya è nota anche come Gorecki, guarda un po'!) e gli inglesi Lamb (la loro Gorecki - toh! - contiene campionamenti della terza sinfonia).
 
G.Y.B.E.: Moya



Lamb: Gorecki

domenica 8 aprile 2012

I partigiani della pace

La rilettura del bel saggio 'Il caso Pontecorvo' di Simone Turchetti uscito per Sironi Editore, riporta a galla il dimenticato movimento dei 'Partigiani della Pace'. I PdP nacquero nel 1948 per merito di Emilio Sereni cugino dei fratelli Gillo (il regista de 'La battaglia di Algeri) e Bruno Pontecorvo (il grande fisico collaboratore di Enrico Fermi passato poi all'Unione Sovietica e di cui il libro ricostruisce la biografia ancora piena di zone oscure). Nel 1950 i PdP di Sereni furono capaci di raccogliere ben 18 milioni di firme contro gli armamenti nucleari che pochi anni prima avevano devastato un Giappone già sconfitto. 

Visto che qui generalmente scribacchio di musica ne approfitto per introdurre Krzysztof Penderecki compositore polacco autore di 'Trenodia per le vittime di Hiroshima'



Lo scorso anno si sono tenuti in Polonia a Wroclaw due concerti in cui la musica di Penderecki ha incontrato due protagonisti del rock come Jonny Greenwood chitarrista dei Radiohead e Aphex Twin in un omaggio a un indiscusso maestro della musica dell'ultimo mezzo secolo. Per l'occasione Penderecki e Greenwood si siono anche trovati in studio per rivisitare con la AUSKO Chamber Orchestra “Threnody for the victims of Hiroshima” e “Polymorphia (for 48 strings)” del primo e “48 responses to polymorphia” e “Popcorn superhet receiver” del secondo. L'album che racchiude queste registrazioni è freschissimo di stampa.

Wroclaw 09-09-11



Wroclaw 10-09-11

domenica 1 aprile 2012

Pedalare!

Nell'ultimo disco degli Offlaga Disco Pax c'è una canzone dedicata al ciclista olandese Van der Velde e alla sua storia degna di quel ciclismo eroico rigorosamente in bianco e nero. Un ciclismo lontano che appartiene a un tempo in cui non si parlava solo di doping o di irruzioni della polizia nelle camere d'albergo a caccia di vere e proprie farmacie ambulanti. Così ne approfitto per scomodare altri due cantautori di casa nostra che hanno omaggiato ciclisti più o meno famosi come Ginettaccio Bartali e Giovanni Gerbi (il diavolo rosso) o Costante Girardengo e Sante Pollastri.

Offlaga Disco Pax: Tulipani




Paolo Conte: Diavolo rosso



Paolo Conte: Bartali



Francesco De Gregori: Il bandito e il campione