"Il silenzio scese come un sudario pronto a polverizzarsi al primo movimento di Mission.Una folata di vento, carezzevole e giocosa come una zampa di gatto attraversò la baia e salì su tra le foglie e le felci, portando fino a lui un alito di Panico. Piccole zampe di fantasma gli percorsero la spina dorsale, facendogli rizzare i peli sulla nuca nel punto in cui il centro della morte si incendia brevemente al momento della fine di un essere mortale.
Il capitano Mission non temeva il Panico, l'improvvisa, intollerabile consapevolezza del fatto che ogni cosa è viva. Era lui stesso un emissario del Panico, della conoscenza che l'uomo teme più di ogni altra: la verità sulle proprie origini. E' così chiaro. Basta spazzar via le parole e guardare."
Penso all'incipit di "Ghost of chance" (tradotto malamente in italiano come "La febbre del ragno rosso") di William Burroughs mentre riascolto la musica quartomondista di Jon Hassell. Un addentrarsi in una foresta brulicante di suoni misteriosi e minacciosi. Musica elettronica che si fa primordiale e ci ricorda che la musica non è un'invenzione umana.
Nel libriccino di Burroughs, edito nel '91, la storia del pirata Mission che all’inizio del XVIII secolo fonda in una remota baia del Madagascar la colonia di Libertatia per dimostrare che trecento sbandati (pirati, marinai disertori, schiavi liberati) possono coesistere in relativa armonia fra di loro e con l’ambiente circostante diventa il pretesto per un'acutissima analisi sull'uomo e sul lemure, sua controparte ideale nel percorso evolutivo.
Quando il Madagascar si staccò dal resto del continente africano scivolò «dentro un’incantata innocenza senza tempo», mentre il resto dell'umanità fu «avviata inesorabilmente verso il linguaggio, il tempo, l’uso di strumenti, la guerra, lo sfruttamento e la schiavitù».
Il capitano Mission non temeva il Panico, l'improvvisa, intollerabile consapevolezza del fatto che ogni cosa è viva. Era lui stesso un emissario del Panico, della conoscenza che l'uomo teme più di ogni altra: la verità sulle proprie origini. E' così chiaro. Basta spazzar via le parole e guardare."
Penso all'incipit di "Ghost of chance" (tradotto malamente in italiano come "La febbre del ragno rosso") di William Burroughs mentre riascolto la musica quartomondista di Jon Hassell. Un addentrarsi in una foresta brulicante di suoni misteriosi e minacciosi. Musica elettronica che si fa primordiale e ci ricorda che la musica non è un'invenzione umana.
Nel libriccino di Burroughs, edito nel '91, la storia del pirata Mission che all’inizio del XVIII secolo fonda in una remota baia del Madagascar la colonia di Libertatia per dimostrare che trecento sbandati (pirati, marinai disertori, schiavi liberati) possono coesistere in relativa armonia fra di loro e con l’ambiente circostante diventa il pretesto per un'acutissima analisi sull'uomo e sul lemure, sua controparte ideale nel percorso evolutivo.
Quando il Madagascar si staccò dal resto del continente africano scivolò «dentro un’incantata innocenza senza tempo», mentre il resto dell'umanità fu «avviata inesorabilmente verso il linguaggio, il tempo, l’uso di strumenti, la guerra, lo sfruttamento e la schiavitù».
Ecco che allora la musica di Hassell mi fa pensare a una continua ricerca dei lemuri, non a caso chiamati così come gli spiriti notturni dell'antica Roma.
Toucan Ocean (da Vernal Equinox, 1977)
Chemistry (da Fourth World Vol. 1 - Possible Musics con Brian Eno, 1980)
Gift of fire (da Dream Theory in Malaya, 1981)
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