lunedì 8 dicembre 2008

Fa che il mondo non piova attraverso la mia testa...

Well there was a man
who lived in a shed
Spent most of his days
out of his head
For his shed was rotten
let in the rain
Said it was enough
to drive any man insane
When it rained
He felt so bad
When it snowed he felt
just simply sad.
Well there was a girl who lived nearby
Whenever he saw her he could only
simply sigh
But she lived in a house so very
big and grand
For him it seemed like some
very distant land
So when he called her
His shed to mend,
She said I'm sorry you'll just have
to find a friend.
Well this story is not so very new
But the man is me, yes and the girl is you
So leave your house come
into my shed
Please stop my world from raining
through my head
my head please don't think
I'm not your sort
You'll find that sheds are nicer
than you thought.

(Nick Drake, 'Man in a shed' da Five Leaves Left, 1969)

giovedì 4 dicembre 2008

Massimo Volume @ FLOG, 04/12/08

Sono giorni che penso a voi
esercito di santi malati di malinconia
Vi vedo camminare tra l'abisso e l'abisso
ridendo da soli
e fermarvi per dire
'Solo un cuore spezzato è un cuore puro'
E poi vi vedo riprendere a camminare e a ridere
col cuore gonfio di tristezza
e fermarvi di nuovo per dire
'Peccate con gioia!
Il pianto è peccato
il pianto che segue il peccato è peccato'
Sono giorni che penso a voi
santi dalle vene livide di dolore
il vostro cuore ne è colmo
Ma sapete, un cuore è un cuore
e quando il vostro scoppia
cercate un angolo per morire

Sono giorni che penso a voi
santi in una bettola di Lublino
mentre vi sedete accanto a qualche avanzo di galera
e fermando la mano che dà le carte dite
'Dimenticare è un bene
Ve lo assicuro
dimenticare è un bene'

[Emidio Clementi, Esercito di Santi, inedito tour 2001]

lunedì 1 dicembre 2008

Pioggia

Lo so, lo so che questo non è cipria, è sorriso…
e sì, che non è luce, è solo un attimo di gloria
e riguarda me, che sono qui davanti a te sotto la pioggia
mentre tutto intorno è solamente pioggia e Francia…

Chissà cosa possiamo dirci in fondo a questa luce…
quali parole, luce di pioggia e luce di conquista…
hum… lasciamo fare a questo albergo ormai così vicino,
così accogliente, dove va a morir d’amore la gente…

Io e te, chissà qualcuno ci avrà pure presentato…
e abbiamo usato un taxi più un telefono più una piazza…

Io e te, scaraventati dall’amore in una stanza,
mentre tutto intorno è pioggia, pioggia, pioggia e Francia…

[Paolo Conte, 'Parigi' da Paris Milonga, 1981

mercoledì 22 ottobre 2008

Apple

"Questo pezzo trae spunto da un fatto successo nel 1920, cioè quando un artista, un dadaista di nome Apple dirottà una nave tedesca regalandola ai russi, che avevano appena fatto la rivoluzione. La portò ad Odessa, i russi fecero una grandissima festa, fecero saltare sia la nave sia i tedeschi, e questo pezzo si chiama La mela di Odessa".



C'era una volta una mela a cavallo di una foglia
cavalcava cavalcava cavalcava
insieme attraversarono il mare
impararono a nuotare.

Arrivati vicino al mare
dove il mondo diventa mancino
la mela lasciò il suo vecchio vestito
e prese l'abito da sposa
più rosso, più rosso
La foglia sorrise
era la prima volta di ogni cosa
riprese la mela in braccio e partirono.
Giunsero in un paese giallo di grano
pieno di gente felice
pieno di gente felice
si unirono a quella gente
e scesero cntando
fino alla grande piazza
qui altra gente si unì al coro
- Ma dove siamo
ma dove siamo-
chiese la mela
- Se pensi che il mondo sia piatto
allora sei arrivata alla fine del mondo
se credi che il mondo sia tondo
allora sali, incomincia un girotondo -
e la mela salì, salì, salì, salì, salì
la foglia invece salutò, salutò, salutò
rientrò nel mare
e nessuno la vide più
forse per lei il mondo era ancora piatto.

[Area International POPular Group, 'La mela di Odessa' da Crac, 1975]

sabato 11 ottobre 2008

Bologna, la notte dell'11 ottobre

Improvvisamente stanotte
la stanza s'è riempita dei miei amici d'infanzia
Ognuno di loro teneva con una mano
quello che restava dell'altro braccio
amputato fino al gomito
Immobili
tenevano lo sguardo rivolto verso il soffitto
la bocca spalancata
Qualcosa in quella scena sembrava accusarmi
Sono io la causa di tutto questo?
Ho avuto paura e ho cercato numeri di telefono
ma le cifre sbiadivano sotto i miei occhi
e ogni numero era occupato
e ogni numero era sbagliato
Nudo
ho premuto il mio corpo contro il vetro della finestra
affacciata su troppa notte
credendo che tutto questo non avrebbe mai avuto fine
Bologna
la notte dell'11 ottobre

[Emidio Clementi, La notte dell'11 Ottobre, 1995]

domenica 28 settembre 2008

Die Mauer



Sul graffito Leonid Brežnev ed Erich Honecker che si baciano. La scritta in alto, in alfabeto cirillico dice: "Signore! Aiutami a sopravvivere a questo amore letale"

I, I can remember (I remember)
Standing, by the wall (by the wall)
And the guns shot above our heads
(over our heads)
And we kissed,
as though nothing could fall
(nothing could fall)
And the shame was on the other side
Oh we can beat them, for ever and ever
Then we could be Heroes,
just for one day

We can be Heroes
Just for one day

Bowie ha dichiarato che la canzone gli fu ispirata da una giovane coppia che si incontrava segretamente sotto la torretta di guardia del Muro di Berlino e che lui spiava dalla finestra dello studio di registrazione. Secondo Tony Visconti, il suo produttore, la coppia in questione era lui stesso ed una ragazza con cui aveva una storia durante la registrazione.

[David Bowie, "Heroes", 1977]

mercoledì 17 settembre 2008

And now I'm home



I've seen your face before,
I've known you all my life.
And though it's new,
your image cuts me like a knife.

And now I'm home.
And now I'm home.
And now I'm home, to stay.

The neon from your eyes
Is splashing into mine.
It's so familiar
In a way I can't define.

And now I'm home.
And now I'm home.
And now I'm home, to stay.

And though this is awful speedy,
We needn't bother sleeping,
All we might say is understood.

And now I'm home.
And now I'm home.
And now I'm home, to stay.

The fierceness of my feelings,
Rocks me like a war.
It's good to know
We won't be strangers anymore.

And now I'm home.
And now I'm home.
And now I'm home, to stay.

And now I'm home.
And now I'm home.
And now I'm home, to stay.

[Splash 1, The 13th Floor Elevators, 1966]

venerdì 12 settembre 2008

I piccoli adopratori del ciccio

Qui in paese quando ero bambino c’era un Dio che abitava in chiesa, negli spazi immensi sopra l’altar maggiore dove si vedeva infatti sospeso in alto un suo fiero ritratto tra i raggi di legno dorato. Era vecchio ma molto in gamba (certo meno vecchio di San Giuseppe) e severissimo; era incredibilmente perspicace e per questo lo chiamavano onnisciente, e infatti sapeva tutto e, peggio, vedeva tutto. Era anche onnipotente, ma non in modo assoluto: se no sarebbe andato in giro con un paio di forbici a tagliare il ciccio a tutti i bambini che facevano le brutte cose. I piccoli adopratori del ciccio erano suoi mortali nemici, e potendo li avrebbe puniti senz’altro così, ma grazie a Dio non poteva.

[Luigi Meneghello, Libera nos a Malo]

giovedì 11 settembre 2008

Twin Towers

Io odio tutti. Il dottor Benway dice che è un fatto del metabolismo, e che ho questa malattia del sangue... Ce l'hanno soprattutto gli arabi e gli americani. Il Dottor Benway sta preparando un siero.

[William S. Burroughs, The naked lunch, 1959]

mercoledì 10 settembre 2008

Amleto a Parigi

A un tavolino del Café des Deux Palais, Gabriel, vuotando la sua quinta granatina, perorava davanti a una assemblea; la cui attenzione pareva tanto maggiore quanto piú v'era dispersa la francofonia.
- Perché, - diceva, - perché non si dovrebbe sopportare la vita quando basta un nulla per togliervela - Un nulla la mena, un nulla l'emana, un nulla la mina, un nulla l'allontana. Chi altrimenti sopporterebbe i colpi della sorte e le umiliazioni d'una bella carriera, gli imbrogli dei droghieri, le tariffe dei macellai, l'acqua dei lattai, i nervi dei genitori, le furie dei professori, gli strilli dei sergenti, la turpitudine degli assicurati, i gemiti degli assassinati, il silenzio degli spazi infiniti, l'odore dei cavolfiori o la passività dei cavalli di legno, se non si sapesse che la malvagia e proliferante condotta di poche infime cellule (gesto) o la traiettoria di una pallottola tracciata da un anonimo involontario irresponsabile potrebbe venire inopinatamente a far sí che tutti quegli affanni svaporassero nell'azzurro del cielo?

[Raymond Queneau, Zazie nel metrò]

venerdì 5 settembre 2008

Flaiano vs. Mondrian



Mondrian, pittore realista. L'Olanda è come Mondrian la dipinge. L'equivoco è nel credere che Mondrian sia un pittore astratto. Case bianche o nere, con strisce bianche o nere e finestre rosso e blu. Linee orizzontali del paesaggio. Canali, strade, dighe. Gli olandesi rendono astratto il formaggio dipingendolo di rosso.

[Ennio Flaiano, Diario degli errori]

domenica 31 agosto 2008

Via Paolo Fabbri 43


Fra krapfen e boiate le ore strane son volate,
grasso l'autobus m'insegue lungo il viale.
E l'alba è un pugno in faccia verso cui tendo le braccia,
scoppia il mondo fuori porta San Vitale.
E in via Petroni si svegliano, preparano libri e caffè,
e io danzo con Snoopy e con Linus un tango argentino col casqué.
Se fossi più gatto, se fossi un po' più vagabondo,
vedrei in questo sole, vedrei dentro l'alba e nel mondo,
ma c'è da sporcarsi il vestito e c'è da sgualcire il gilè,
che mamma mi trovi pulito qui all'alba in via Fabbri 43!
I geni musicali preannunciati dai giornali hanno officiato
e i sacri versi hanno cantati,
le elettriche impazziscono, sogni e malattie guariscono,
son poeti, santi, taumaturghi e vati.
Con gioia e tremore li seguo dal fondo della mia città,
poi chiusa la soglia do sfogo alla mia turpe voglia: ascolto Bach!
Se solo affrontassi la mia vita come la morte
avrei clown, giannizzeri, nani a stupir la tua corte,
ma voci imperiose mi chiamano e devo tornare perché
ho un posto da vecchio giullare qui in via Paolo Fabbri 43.
Gli arguti intellettuali trancian pezzi e manuali,
poi stremati fanno cure di cinismo,
son pallidi nei visi e hanno deboli sorrisi
solo se si parla di strutturalismo.
In fondo mi sono simpatici,
da quando ho incontrato Descartes,
ma pensa se le canzonette me le recensisse Ronald Barthes.
Se fossi accademico, fossi maestro o dottore
ti insignirei in toga di 15 lauree ad honorem,
ma a scuola ero scarso in latino
e il pop non è fatto per me,
ti diplomerò in canti e in vino qui in via Paolo Fabbri 43.
Jorge Luis Borges mi ha promesso l'altra notte
di parlar personalmente col persiano,
ma il cielo dei poeti è un po' affollato in questi tempi,
forse avrò un posto da usciere o da scrivano.
Dovrò lucidare i suoi specchi,
trascriver quartine a Kayyam,
ma un lauro, (da genio minore) per me, sul suo onore, non mancherà.
Se avessi coraggio, se aprissi del tutto le porte,
farei fuochi greci e girandole per la tua fronte,
ma sai cos'io pensi del tempo, e lui cosa pensa di me:
sii saggia come io son contento qui in via Paolo Fabbri 43.
La piccola infelice si è incontrata con Alice
ad un summit per il canto popolare.
Marinella non c'era, fa la vita in balera,
ed ha altro per la testa a cui pensare.
Ma i miei ubriachi non cambiano,
soltanto ora bevon di più,
e il frate non certo la smette per fare lo speaker in TV.
Se fossi poeta, se fossi più bravo e più bello
avrei nastri e gale francesi per il tuo cappello,
ma anche i miei eroi sono poveri,
si chiedono troppi perché,
già sbronzi al mattino mi svegliano urlando in via Fabbri 43.
Gli eroi su Kawasaki coi maglioni colorati
van scialando sulle strade bionde e fretta.
Personalmente austero vesto in blu perché odio il nero
e ho paura anche di andare in bicicletta.
Scartato alla leva del jet-set,
non piango, ma compro le Clark,
se devo emigrare in America come mio nonno prendo il tram.
Se tutto mi uscisse, se aprissi del tutto i cancelli
farei con parole ghirlande da ornarti i capelli!
Ma madri e morali mi chiudono, ritorno a giocare da me,
do un party, con gatti e poeti, qui all'alba in via Fabbri 43.

martedì 19 agosto 2008

Four Quartets (T.S.Eliot)

“e così eccomi qua,nel mezzo del cammino,dopo vent'anni.
vent'anni in gran parte sciupati,
gli anni dell'entre deux guerres..
a cercar d'imparare l'uso delle parole,
e ogni tentativo è un rifar tutto da capo,
è una specie diversa di fallimento
perchè si è imparato a servirsi bene delle parole
soltanto per quello che non si ha più da dire,
o nel modo in cui non si è più disposti a dirlo.
e così ogni impresa è un cominciar di nuovo,
un'incursione nel vago
con logori strumenti che peggiorano sempre
nella gran confusione di sentimenti imprecisi,
squadre indisciplinate di emozioni.
e quello che c'è da conquistare
con la forza e la sottomissione,
è già stato scoperto una volta o due,o parecchie volte,
da uomini che non si può sperare di emulare
- ma non c'è competizione -
c'è solo la lotta per recuperare ciò che si è perduto
e trovato e riperduto senza fine:
e adesso le circostanze non sembrano favorevoli.
ma forse non c'è da guadagnare né da perdere.
per noi non c'è che tentare.