mercoledì 10 settembre 2008

Amleto a Parigi

A un tavolino del Café des Deux Palais, Gabriel, vuotando la sua quinta granatina, perorava davanti a una assemblea; la cui attenzione pareva tanto maggiore quanto piú v'era dispersa la francofonia.
- Perché, - diceva, - perché non si dovrebbe sopportare la vita quando basta un nulla per togliervela - Un nulla la mena, un nulla l'emana, un nulla la mina, un nulla l'allontana. Chi altrimenti sopporterebbe i colpi della sorte e le umiliazioni d'una bella carriera, gli imbrogli dei droghieri, le tariffe dei macellai, l'acqua dei lattai, i nervi dei genitori, le furie dei professori, gli strilli dei sergenti, la turpitudine degli assicurati, i gemiti degli assassinati, il silenzio degli spazi infiniti, l'odore dei cavolfiori o la passività dei cavalli di legno, se non si sapesse che la malvagia e proliferante condotta di poche infime cellule (gesto) o la traiettoria di una pallottola tracciata da un anonimo involontario irresponsabile potrebbe venire inopinatamente a far sí che tutti quegli affanni svaporassero nell'azzurro del cielo?

[Raymond Queneau, Zazie nel metrò]

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